Esasperato dai sanguinari eccessi del crudele Naritsugu, l'onorevole Doi, alto ufficiale al servizio dello Shogun fa segretamente appello al samurai Shinzaemon Shimada per farlo assassinare. Shinzaemon recluterà un gruppo di 12 abili guerrieri per portare a termine la missione.
E' 13 Assassins del giapponese Takashi Miike, unico dei tre film che il regista ha portato a Venezia a gareggiare per il Leone. Tratto dall'omonima pellicola del 1963, il film di Miike è quasi una parodia del cinema sui samurai e una elegante ballata di morte che coniuga divertimento, sangue e un pizzico di sana follia: "Era un film della generazione di mio padre - ha detto Miike in conferenza stampa - e mi chiedevo come sarebbe stato accolto dalla nostra generazione. La cosa interessante del remake è verificare come funziona una storia in tempi e con ottiche diverse. Ma la cosa che mi preme di più è che il pubblico si diverta".
Ambientato nel Giappone feudale, dove ancora la figura del samurai era guardata con enorme rispetto, il nuovo lavoro di Miike ha la volontà "di parlare anche del Giappone di oggi e della sua mancanza di forti codici di comportamento. Oggi il mio paese vive una crisi d'identità, la gente è irrealizzata ma non lo dice". Come per altri film in concorso anche questo 13 Assassins volge lo sguardo indietro per "raccontare come il Giappone di oggi abbia avuto origine da una storia di barbarie".
E l'ultima ora del film è in effetti un infinito bagno di sangue: "E' stato un lavoro molto faticoso - rivela uno dei protagoonisti, Takayuki Yamada - e spesso a fine giornata tornavamo a casa con qualche ferita. Nulla di grave fortunatamente". Con 13 Assassins Takashi Miike torna in concorso a Venezia tre anni dopo Sukiyaki Western Django, che era interpretato tra gli altri da Quentin Tarantino. Ma se qualcuno sospetta trattamenti di favore da parte del presidente di giuria, si sbaglia: alla proiezione ufficiale del film di Miike, Tarantino si è alzato a metà proieizione e se n'è andato.