Il settore della moda è bellissimo, ma molto volatile. Il cinema invece è qualcosa che dura nel tempo, rimane per sempre. Se sei un designer, uno che crea le cose, il cinema quindi è il massimo, perché ti permette di dar vita a persone, al loro modo di muoversi e parlare. È espressione pura, la cosa più artistica che abbia mai fatto. La moda è molto più commerciale”. Così Tom Ford riassume le ragioni che lo hanno spinto dalla passerella alla macchina da presa, convincendolo a esordire come regista con l'adattamento di un romanzo da lui molto amato come A Single Man di Christopher Isherwood.
La storia, ambientata nel 1962, descrive il dramma di un compassato professore omosessuale che, ormai avanti con gli anni, si trova ad affrontare la morte del suo compagno di vita. E anche se le problematiche relative al riconoscimento dei rapporti gay emergono qua e là all'interno della trama, A Single Man “non è un film militante”, assicura il suo protagonista Colin Firth. “E' una storia d'amore molto onesta e potrebbe benissimo riferirsi a un uomo e una donna”, continua l'attore inglese, che interrogato sul problema dei diritti delle coppie omosessuali nel nostro paese, risponde - in un buon italiano - “non conosco la situazione dell'Italia, ma pensate che il giorno stesso in cui abbiamo girato la scena in cui al protagonista viene proibito di assistere al funerale del suo compagno, in California è stata approvata la legge che proibisce i matrimoni gay e che riporta lo stato indietro di 50 anni".
Il problema, dunque, “non riguarda solo l'Italia”, afferma Firth, che invece del lavoro sul set dice: “Come tutti i rapporti molto stretti, è stata fonte di piacere e di difficoltà. Le riprese sono durate cinque settimane, ma è stato un privilegio avere la fiducia di Tom su qualcosa per lui così personale. Abbiamo condiviso un percorso creativo molto importante per entrambi”.