Negli Usa scoppia il caso Jarhead. In uscita sugli schermi americani il prossimo weekend, il nuovo film di Sam Mendes sulla Guerra nel Golfo solleva già un polverone. Mentre il Los Angeles Times e l'Entertainment Weekly si chiedono quale sarà il suo impatto sulla politica, Variety e Hollywood Reporter applaudono con riserva l'operazione del regista premio Oscar per American Beauty. "Una tipologia inedita di pellicola pacifista - osserva il primo -. Un film di guerra senza la guerra, che attraverso l'immaginario di precedenti e storici film, mette insieme dramma dell'assurdo, commenti in prima persona ed esplosioni ormonali dei soldati al fronte". Dello stesso avviso, il rivale Hollywood Reporter ravvisa addirittura echi di Apocalypse Now e Full Metal Jacket, parlando però di un "risultato ricco di ambivalenze". "Gli autori hanno accuratamente evitato di affrontare le implicazioni politiche - scrive Kirk Honeycutt -. Non volendo connotarlo come un film dichiaratamente contrario alla guerra, Mendes celebra i Marines come eroi, pur sottolineandone la rabbia e la frustrazione".
La storia, ispirata all'omonimo diario dal fronte del caporale Anthony Swofford, ne riprende prospettiva e riflessioni, raccontandole attraverso il personaggio interpretato da Jake Gyllenhaal. Marine di terza generazione, il ragazzo si ritrova catapultato in trincea, a pochi giorni dal reclutamento. La vita scorre lenta, i combattimenti non accennano ad arrivare, e attraverso il confronto con il sergente Jamie Foxx e gli altri commilitoni, dal suo racconto emergono spaesamento e diversità di approcci ad una guerra che nessuno sembra comprendere.
"Gran parte del film - sottolinea ancora l'Hollywood Reporter - si svolge nel mezzo di un deserto sconfinato, dove i soldati sono impegnati a scavare e aspettare, scavare e aspettare... Questo gioco dell'attesa diviene logorante e, in assenza di un nemico da combattere, il conflitto diventa interiore". Apprezza lo stratagemma anche Variety che, pur celebrando il camaleontismo di Mendes e la sua abilità nell'alternare "azione e non-azione con arguzia e vigore", sembra accusarlo di aver mancato di coraggio. "L'estrema cautela adottata - scrive Todd McCarthy - evita che il film esploda in una direzione o in un'altra (per irriverenza, ferocia, introspezione o altro), assumendo una fisionomia propria e ben definita. L'impressione è che gli autori si nascondano dietro la maschera di un'intelligenza sofisticata, che impedisce loro di manifestare apertamente vere impressioni e istinti più profondi". Il film, interpretato anche da Peter Sarsgaard nel ruolo di un commilitone di Swafford, uscirà in Italia a gennaio per la Uip.