Un giovane fotografo, Isaac, ebreo senza patria rifugiato nella cittadina di Regua, regione del Douro, viene chiamato nottetempo da un notabile del luogo per immortalare l'adorata figlia Angelica, deceduta subito dopo il matrimonio. Inizia così O estranho caso de Angelica, che riporta sulla Croisette il maestro portoghese Manoel De Oliveira: 101 anni, freschezza e lucidità da ragazzino, gli applausi sono tutti per lui, chiamato ad aprire la sezione Un Certain Regard. "E' un film antico, erano 60 anni che cercavo di farlo, poi il produttore m'ha incoraggiato, e oggi sono contento di essere qui", esordisce il regista, sottolinenando come "la morte è una condizione data, uno stato assoluto, l'unica cosa sicura che ti attende quando nasci. Viceversa, a spaventarmi è la sofferenza, ma finora non l'ho sperimentata". Mentre l'attenzione per il mondo e per l'uomo la testimonia quotidianamente: "Sono preocupato per la crisi economica, vedete quel che succede in Grecia, per l'inquinamento e la perdita di valori: stanno succedendo cose terribili, speriamo di non fare la fine di Sodoma e Gomorra", afferma, rilevando come "in Europa non si possa fare quel che Obama ha fatto per risollevare l'economia americana" e ricordando, all'epoca del suo impegno produttivo, come "non mi sia mai sentio il padrone, ma un lavoratore come gli altri".
L'ultima parola è per Benedetto XVI: "Volete sapere quel che ci siamo detti con il Papa? Vorrei saperlo anch'io...".