“Questa sarà per me un'esperienza unica, perché non vedo il film da trent'anni. Sono felice di farlo stasera insieme a voi e a mia moglie”. Così Richard Gere ha introdotto ieri sera all'Auditorium la visione de I giorni del cielo, secondo film diretto da Terrence Malick (quest'anno vincitore della Palma d'Oro a Cannes con The Tree of Life) nel 1978 e primo ruolo da protagonista per l'attore, che stasera riceverà l'Acting Award dal Festival di Roma durante la cerimonia di premiazione. “Malick è un avventuroso cineasta, all'epoca avevo molto apprezzato il suo primo lungometraggio (La rabbia giovane, ndr) - ricorda Gere -. Ma lavorare con lui non è stato semplice: quello che pretendeva non era sempre chiaro ed esigendo dagli attori autenticità e verosimiglianza ripeteva di continuo Voglio qualcosa che sia come il vento che fa muovere le tende”.
In riferimento a quelle che all'epoca erano le aspettative del film, Richard Gere spiega: “Il pubblico di adesso sarà di certo più abituato allo stile di Malick, ma trent'anni fa non era lo stesso. Il rischio che il film non piacesse era molto alto”. Di fatti il film rappresentava una vera novità per l'epoca, descritto dallo stesso Gere come “calmo, inconsueto, ricco di atmosfere e di riferimenti biblici, si presentava in uno stile del tutto nuovo, fatto di inquadrature perlopiù fisse e pochi movimenti di macchina”.
Ansie che furono successivamente smentite quando il film, presentato in concorso al Festival di Cannes nel 1979 conquistò il Premio per la Miglior Regia. L'attore ha poi ricordato come I giorni del cielo richiese circa due anni di montaggio, durante i quali Malick, dopo un'attenta scrematura delle scene, decise di “asciugare” quasi del tutto i dialoghi. Cosa che fece infuriare non poco gli attori... “Dopo questa visione ho bisogno di una sigaretta e di un drink - conclude Richard Gere -: è stata un'esperienza curiosa rivedermi in quelle vesti, anche se non riesco a rapportarmi a quell'uomo. Sarà perché ormai ho sessantadue anni!”.