"L'Occidente ritrovi fiducia nei giovani. Una società che rifiuta la loro spinta al cambiamento è destinata a morire". E' l'attualissimio monito che Luc e Jean-Pierre Dardenne, già vincitori a Cannes nel '99, tornano a ribadire con L'enfant - Una storia d'amore, il loro ultimo film Palma d'Oro nel 2005, nelle sale dal 7 dicembre. Come in passato, lo sguardo dei fratelli belgi si concentra su un dramma privato, per inquadrare più generali situazioni di disagio e marginalità. Protagonista è questa volta la parabola di due giovanissimi che, costretti a vivere d'espedienti, ritrovano la speranza attraverso la nascita di un figlio, che il padre decide in un primo momento di vendere all'insaputa della compagna. "Le società occidentali sono oggi assai meno rispettose dell'uguaglianza di quanto non lo fossero 30 anni fa - accusano i Dardenne -. Per questo è importante ascoltare i bisogni delle nuove generazioni. Qualsiasi loro battaglia per la giustizia e il rinnovamento, va interpretata come prezioso slancio vitale".
Le recenti sommosse parigine sembrano una conferma, ma non ancora un vero e proprio spunto: "Se mai dovessimo farne un film - spiega Luc -, partiremmo da una donna delle banlieues, vittima della violenza dei propri figli. Il cinema non è un'aula di tribunale, ma ogni nostra storia è profondamente radicata nella società e nel mondo che ci circonda". Una lezione che dicono di avere appreso dal neorealismo italiano: "L'influenza è stata in un primo momento inconscia, ma quando abbiamo iniziato a fare cinema, ci siamo resi conto di quanto Pasolini e Rossellini ci avessero indicato la via". Come nei precedenti Rosetta e Il figlio, L'enfant torna a ribadire l'attenzione dei Dardenne per le "storie di iniziazione". "In questo caso - spiegano - si tratta di Bruno, il giovane ladruncolo che la disperazione spinge a vendere il figlio per ricavarne qualche soldo. Abbiamo voluto mostrare l'evoluzione del suo personaggio, sottolineare come attraverso la ragazza e il bambino, soprattutto, finisca per scoprire un sentimento e un'umanità che prima gli erano del tutto estranei". L'idea del film, raccontano, nasce quasi per caso: "Durante le riprese del Figlio, ci capitava sempre di vedere una ragazza che spingeva nervosamente una carrozzina. Un'immagine che due anni dopo ancora ci perseguitava e dalla quale abbiamo deciso di iniziare a elaborare la nostra storia". Dallo spunto di una donna alla ricerca di un padre per il proprio bambino, prendono così corpo la sceneggiatura e la scelta degli attori protagonisti. Insieme a loro, Jérémie Renier e Deborah François, i Dardenne hanno trascorso un mese e mezzo prima dell'inizio delle riprese: "Più che di un lavoro sulla recitazione - raccontano - si è trattato di farli ambientare. La durezza della storia ha reso necessario che si abituassero a noi, ai personaggi, al loro percorso interiore". Riservatissimi sui loro prossimi progetti, i Dardenne spezzano infine una lancia in favore di "Ni putes, ni soumises", un'associazione di donne musulmane radicata in Francia, Belgio e altri paesi europei, in prima linea per l'emancipazione e la lotta alle disuguaglianze sociali ed economiche. "Le uniche cause - concludono - per cui valga oggi la pena battersi". Nel pomeriggio, i due registi risponderanno alle domande del pubblico, in occasione di un incontro organizzato alla Casa del Cinema di Roma.