Dietro lo sfavillare dei grattacieli di una delle skyline più belle del mondo, in cui la ricchezza creata dal vortice della finanza e del commercio convive con la normale quotidianità di un nugolo di famiglie, serpeggia l'inquietudine. Che la società di Hong Kong sia in fibrillazione lo dimostrano gli ultimi lavori di registi pluripremiati ai festival e amati da un larghissimo pubblico, che si sono lasciati alle spalle i film più commerciali per seguire generi del tutto nuovi, segnati soprattutto da forti interrogativi sul presente e il futuro che attende i loro concittadini. E sull'impellente necessità di riacquistare un'identità precisa, a diciassette anni dalla riunificazione con la Cina, la cui presenza è sentita sempre più invasiva. Al 16° Far East Film Festival di Udine il cinema di Hong Kong quest'anno è assai ben rappresentato: Pang Ho-cheung, Dante Lam, Fruit Chan, Derek Kwok. Lanciano ciascuno un personale grido di allarme, per richiamare l'attenzione su un mondo, il loro, che sta per scomparire, squassato dagli squilibri e dalle contraddizioni della post-riunificazione. Che investono aspetti anche generazionali, come accade nel bel film di apertura del Festival, Aberdeen.
“Da quel villaggio di pescatori è nata Hong Kong - racconta il regista Pang -, ma oggi è irriconoscibile. Per questo tutti i personaggi sono un po' spiaggiati, come la balena che appare nel film. Diciamo che sono alla ricerca del loro giusto contesto o di un senso. Alla fine gli equilibri si ricompongono, ma i segreti rimangono. E anche i problemi. Che sono quelli di un'intera città”.
Un quadro idilliaco che si frantuma completamente nei film di Dante Lam e Fruit Chan, visti nella loro versione definitiva dopo essere stati presentati a Berlino. That Demon Within (Quel demone dentro) è uno splendido thriller psicologico in cui il protagonista, il poliziotto Dave Wong, dolente e segnato da un infausto destino, è assalito dai demoni del suo passato. Niente è rassicurante, tanto meno la natura umana. Prima dei titoli di coda, una scritta: “In ogni persona c'è una malvagità latente”.
“Non è il segno di un forte pessimismo - precisa il regista Lam -, ma soltanto un avvertimento. Il film ci insegna come questa malvagità può esplodere, spetta a noi saperla controllare. Ho girato prima Unbeatable (Invincibile), campione d'incassi, un film sulla speranza; questo, invece, è oscuro e tormentato, a tratti feroce. Sono le due facce dell'umanità e della città in cui vivo. Noi stiamo cercando di sopravvivere, Hong Kong è la nostra terra di nascita, ma nessuno prende oggi le nostre difese”.
Un appello inascoltato. Per questo Fruit Chan semplicemente elimina tutti i cittadini, in uno scenario apocalittico. Accade in The Midnight After (La mezzanotte del giorno dopo) una specie di commedia nera fantascientifica: un minibus con sedici passeggeri e l'autista prende il tunnel che collega la città ai Nuovi Territori, ma quando esce da quel buco nero, tutti sono spariti. Una situazione che si riempie di enigmi, di violenze. “Hong Kong è come il film - svela il regista - ossia una città che fa paura. Serpeggia una sensazione di apocalisse imminente, dove si moltiplicano i conflitti. Ho inserito elementi che si riferiscono alla nostra situazione politica, ma non so quanto uno spettatore occidentale possa individuarli. Comunque una cosa è chiara: non si sa cosa sarà di noi. Molti cambiamenti sono in atto, la Cina rimane un mistero. E non mi sono interessato delle possibili censure”. Il film sta suscitando entusiasmo in questi giorni a Hong Kong. E anche qualche riflessione. “La Gran Bretagna è il passato e sta scomparendo del tutto - prosegue Chan - e non ci manca. Ma il presente è privo di libertà. E senza libertà non c'è vita, non c'è crescita”. Lo esplicita la voce fuori campo di uno dei sopravissuti del bus, che corre verso l'ignoto: “Mentre la città cade addormentata e le luci si spengono, abbiamo dimenticato i nostri tempi gloriosi e non sappiamo che cosa è diventato il presente”. In As the Light Goes Out (Quando la luce si spegne) la città sprofonda realmente nel buio più assoluto a causa di uno spaventoso incendio scoppiato in una centrale elettrica alla vigilia di Natale. I pompieri hongkonghesi combattono per il ripristino della normalità, con grandi atti di eroismo. E con la speranza che la luce possa tornare. Le ultime parole del film: “Non credere a ciò che vedi nel fumo e nel buio, ti confonde. Anche nell'oscurità devi avere fede. Ci sarà sempre luce. Solo così riusciremo ad avere la meglio sulle nostre paure”.