"Allora erano l'autorità dello stato e la religione a educare, oggi sono i soldi e i media: non è molto meglio. Oggi la nostra educazione, anche estetica, avviene solo attraverso la Tv, ed è un disastro". Così il regista austriaco Michael Haneke, che il 30 ottobre porta in sala con Lucky Red (una quarantina di copie) Il nastro bianco, Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes. Sullo schermo, la storia di un microcosmo tormentato e crudele, quello della comunità rurale di Eichwald, per delineare alcune tendenze caratteriali e culturali della Germania all'alba della Prima Guerra Mondiale, che spiegherebbero i successivi 30 anni della storia tedesca: "Quello educativo è un problema eterno: io ho consultato i libri dell'epoca, oggi in qualsiasi libreria trovate decine e decine di manuali educativi, ma la situazione non è cambiata", dice il regista, che ha inteso Il nastro bianco quale "provocazione rivolta alla fantasia dello spettatore e anche una riflessione sul senso di colpa, ma disgiunta dal mezzo estetico. Ho molto rispetto per il pubblico, lo prendo sul serio, non voglio violentarlo, ma dato che con la manipolazione del mezzo cinema è impossibile non farlo, cerco di rendere autonomo e consapevole lo spettatore".
In cantiere un nuovo film con Isabelle Huppert, affiancata da Jean-Louis Trintignant, che "parlerà del decadimento fisico, della degradazione degli anziani: ma se continuo a fare tutte queste interviste non finirò mai di scriverlo", Haneke torna sulle implicazioni storiche de Il nastro bianco: "Il nazifascismo per lungo tempo non è stato elaborato nei paesi di lingua tedesca. Poi la Germania l'ha fatto, mentre l'Austria ha continuato a far finta di niente: gli austriaci sono maestri nel tacere...".
Sulla scelta di realizzare il film in bianco e nero (stupendo), Haneke precisa: "Sulla scorta delle fotografie dell'epoca, serve a far entrare lo spettatore nella giusta atmosfera, così come la voce over del maestro che ricorda quei fatti, esplicitando di non sapere se le cose siano andate realmente come le descrive: un artefatto, piuttosto che una bugia ricostruita. D'altronde, la verità la conosciamo solo in minima parte: solo nei film non buoni, sappiamo le bugie e chi le dice".
Il regista torna poi sulla comunità che inquadra, dove "la rigorosa religione luterana ha un'influenza enorme": "Una società come quella non esiste più, ma persone infelici e senza speranza pronte a cadere in tentazione esistono ancora in tutto il mondo. Ed esistono i tentatori, quelli che promettono, come il vostro Berlusconi, che dall'estero non capiamo come possa avere ancora tanto credito".
Rivelando come il documentario sul processo al gerarca nazista Eichmann, Lo specialista, abbia avuto un peso nell'ispirazione de Il nastro bianco: "Perché mi mandate a morire, ho solo fatto il mio dovere", queste sue parole sono state fondamentali", Haneke ritorna sulla Palma d'Oro ricevuta a Cannes: "Quando ho saputo che Isabelle (Huppert, NdR) era in giuria, sapevo che qualsiasi decisione sarebbe ricaduta su di me o su di lei, ma sapevo anche che se il film non le fosse piaciuto non mi avrebbbe mai sostenuto. In ogni caso, sono stato contento di sapere dagli altri giurati che con una sola eccezione erano tutti d'accordo nel premiarmi".