Eugène Green, omaggio della Sezione Onde del 29TFF, rappresenta un'anomalia nella produzione cinematografica contemporanea: il suo cinema è un'accurata miscela di reale e fantastico che mette a dura prova le convenzioni cinematografiche del cinema classico statunitense.“I barbari che abitano quella terra che si estende tra il Canada e il Messico (così Green definisce gli U.S.A., nda) ci hanno indottrinati con il loro apparato semantico. Niente di quel che fanno è vero, persino il modo di recitare degli attori è lontano dal modo in cui le persone parlano. Io voglio filmare la verità e non riprodurre istanti di vita falsa, solo perché ormai il pubblico ha imparato a decodificare quel codice!”.Il risultato di tale poetica si manifesta in film come Toutes les nuits e Le pont des arts attraverso l'utilizzo di lunghi primi piani frontali, sguardi in camera, campi e contro campi che violano le regole dello scavalcamento del campo e che si disinteressano dei piani d'ascolto.“Non ho studiato cinema - dice ridendo Green -. Sono un ignorante e faccio solo quel che mi sembra giusto per raggiungere il mio obiettivo: cercare di mostrare l'anima delle cose e delle persone che riprendo. Un po' come se fossero viste per la prima volta”.La magia e la fiaba sono anch'esse presenti in una chiave insolita, realistica.“In un mio scritto, parecchio contestato, ho detto che non posso credere alla risurrezione di Ingrid in Ordet di Dreyer, perché quel che vedo io è una donna che compie i gesti classici di chi si risveglia al mattino. Un dettaglio di una mano che si rianima, sarebbe stato sufficiente e non sarebbe sembrato altro. Così voglio parlare di fantastico”.Dopo l'esperienza lusitana di A religiosa portuguesa, Eugène Green girerà nel 2012 un film girato in Italia: “Sarà ambientato in parte a Stresa, su un lago pieno di incanto come il Maggiore, in parte a Torino e a Roma. La storia tratterà di un celebre architetto svizzero, Francesco Borromini. Di più non posso dire!”.