Premiato cortista, il 34 regista Claudio Noce esordisce al lungometraggio con Good Morning Aman, in cartellone alla Settimana della Critica veneziana e poi in sala con Cinecittà Luce.
Quando e come è partito il progetto?
E' partito 3 anni fa, con me, Diego Ribon ed Elisa Amoruso, con la quale avevo scritto i miei corti precedenti. Tutto nasce da un documentario che avevo fatto per il centenario della CGIL, Aman e gli altri: avevo conosciuto il vero Aman, un ragazzo somalo di 18 anni, che mi ha raccontato la sua storia. Sono partito da qui, dopo aver presentato alla Mostra di Venezia il corto Adil e Yusuf, quest'ultimo interpretato da Said Sabrie che ora porta sullo schermo Aman.
Che cosa racconta?
Due storie diverse, quella di Aman, teenager italiano di origine somala, e il romano Teodoro (Valerio Mastandrea), ex pugile 40enne, unite dalla ricerca dell'identità, un'identità trasversale. Per entrambi, si tratta di un romanzo di formazione: crescita verso la vita per Aman, crescita verso la morte per Teddy.
E amicizia?
E' un film sull'amicizia, quella di due anime perse che si incontrano, anche in modo astratto, simbolico: due persone che non riescono a prendere sonno, in senso reale e metaforico. In ogni caso, per Aman si tratta di una crescita verso la consapevolezza.
Focus sull'immigrazione?
Non parla di immigrazione in maniera usuale. In fondo, anche Aman è un antieroe. Racconto un protagonista nero senza ritrarre il solito immigrato che soffre. D'altronde, qui da noi nessuno parla mai di seconda generazione, e dell'italiano perfetto di questi immigrati, che sono italiani a tutti gli effetti. Aman dice: "Ho sentito dire che in Somalia non piove mai". Se uno vuol capire, capisce.
Il film mostra le difficoltà di questa seconda generazione?
In maniera sofisticata: Aman ha un forte problema di integrazione, e la frase che chiude il film è  una presa di posizione politica, per chi saprà intenderla.  Ma il focus è sul rapporto tra questi due mondi, Aman e Teddy, che si incrociano. In una specie di viaggio nella foresta degli orrori, Aman entra nel mondo di Teodoro: violenza, rabbia e voglia di morte, che non conosceva.
Lavorazione difficile?
Ha avuto una gestazione molto sofferta, ma non voglio lagnarmi… tutti i film non allineati l'hanno. Ma davvero è sbocciato in modo faticoso, anche al montaggio.
E prima?
Con Valerio sono rimasto molto fedele al testo, con Anita e Said assolutamente no: lo stile ha una forte percentuale istintiva, ma è un film studiato a lungo, centimetro per centimetro.
Quali sono i tuoi modelli?
Rispetto alla cifra legata all'improvvisazione, è John Cassavetes il riferimento, ma anche Scorsese e Van Sant mi hanno cambiato la vita, rispetto alla voglia di entrare in un mondo attraverso un linguaggio apparentemente "stiloso", ma indirizzato alla ricerca della realtà.