Ultimo atto per la serie cult Sky Original Gomorra. I dieci nuovi episodi, girati tra Napoli, Riga e Roma, saranno disponibili dal 19 novembre su Sky e in streaming su Now. Un finale scoppiettante con due grandi ritorni: Genny Savastano (Salvatore Esposito) costretto alla latitanza in un bunker alla fine della quarta stagione e Ciro Di Marzio (Marco D’Amore) creduto morto alla fine della terza stagione e qui nuovamente protagonista.

Insomma la storia d’amore, come la definisce Salvatore Esposito, tra i due continua nella serie scritta da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, con Valerio Clio e Gianluca Leoncini, e diretta (i primi 5 episodi e il 9) da Marco D’Amore (già regista dei primi due episodi di Gomorra 4 e del film L’immortale) e da Claudio Cupellini (episodi 6-7-8 e 10), al timone fin dagli esordi della serie. “Nella versione gomorriana dei sentimenti Genny e Ciro sono due che non riescono a stare l’uno lontano dall’altro. Si sono fatti di tutto. Ma Gomorra 5 farà comunque vincere l’amore”, dice Esposito, facendo un piccolo spoiler. E Marco D’Amore aggiunge: “Gomorra non è neorealismo, è un lavoro in maschera. Siamo delle maschere. Ho vissuto quest’esperienza in tutta la sua pericolosità e mi sono sentito di camminare sopra un filo, come un funambolo. È stato difficile girare in quei territori e farci portatori di quei racconti. Ci ha cambiati profondamente e mi sono tolto di dosso tanti pregiudizi. Come uomo mi ha migliorato e mi ha reso più comprensivo verso persone che hanno fatto scelte diverse dalle mie”. Nel cast anche Ivana Lotito nei panni di Azzurra (“Abbiamo raccontato l’impossibilità di essere liberi anche nel sentimento”) e Arturo Muselli in quelli di Sangue Blu.

Un percorso iniziato ben otto anni fa, nel marzo del 2014, quando il romanzo di Roberto Saviano diventò una serie tv e ora arrivato a un passo dal duello finale tra Ciro e Genny. “Difficile sintetizzare come è iniziato tutto- dice Saviano-. È una storia che racconta il più complesso dei poteri schiacciato spesso dalla sintesi della cronaca. Scampia non è solo un perimetro, ma è diventata la periferia di tutte le metropoli. Volevamo raccontare il nostro mondo e il nostro tempo. E anche il male che ti fa vedere la possibilità di luce. I protagonisti sono già degli sconfitti, ma lo sanno loro stessi. Nessuno pensa di farcela, tutti pensano solo a come e a quando moriranno e se ragioni e agisci così vuol dire che hai già perso”.

E sulle diverse critiche perché nella quotidianità ha contribuito alla banalizzazione del male, Saviano risponde: “Questa è una polemica che ci insegue da diversi anni e nasce da una serie di fraintendimenti. Gomorra non dà già un’indicazione e un messaggio già masticato allo spettatore. Non chiede di giudicare, ma di ascoltare e pensare. Mostra la complessità del mondo così come è. Nessuno è diventato criminale perché ha visto Gomorra. Nessuno diventa prete se vede Don Matteo. Molti ragazzi si riconoscono in Tony Montana di Scarface perché vedono la violenza tutti i giorni nei loro quartieri. E Gomorra ha raccontato quel mondo perché lo ha osservato e lo ha visto. Questa serie ti dà lo strumento per capire e per smontare il male e sento di avere fatto un lavoro pedagogico nel momento in cui ne ho raccontato le dinamiche”. E sull’assenza dello Stato il produttore Riccardo Tozzi di Cattleya dice: “Lo Stato c’è dal punto di vista della repressione. L’assenza dello Stato che la serie fa sentire è quella della scuola e del lavoro. Adesso Napoli ha un fantastico sindaco e può darsi che vedremo risultati migliori”.

Una serie che ha raccontato il mondo attraverso Napoli. “Non era un mondo che conoscevo e ci sono entrato in punta dei piedi. Ho maneggiato un lavoro già impostato in maniera eccellente da Stefano Sollima, una materia bollente e difficile”, dice il regista Claudio Cupellini.

“Una serie è in primo luogo un mondo in cui lo spettatore si immerge e vi rimane. Gomorra è un dramma shakespeariano con due principi in conflitto”, precisa il produttore Riccardo Tozzi di Cattleya. E poi aggiunge: “Gomorra ha avuto una diffusione enorme, neanche sapevo che esistessero tutti quei paesi (ndr. È stata venduta in ben 190 paesi). Sta andando benissimo. Vi è una grande attesa anche per la quinta stagione. Oggi le serie italiane hanno una grande capacità di viaggiare e di posizionamento. E questa svolta è stata data proprio da Gomorra. Il valore dell’esportabilità italiana è arrivato a superare i 100mila euro l’anno, un dato enorme”. “Oggi in contemporanea su Napoli ci sono 8-9 produzioni, alcune internazionali. È una città piena di turisti. Tanti ragazzi hanno iniziato a studiare recitazione e tante aziende che stavano fallendo e ad oggi hanno tanti dipendenti. Tutte coincidenze che sono avvenute dopo Gomorra”, dice Salvatore Esposito.

Ma perché finirla all’apice del successo? “Spesso si va avanti per il successo e poi piano piano ci si impoverisce. Noi volevamo morire da vivi. La serie se lo merita. Se vi è qualcosa di non raccontato meglio che rimanga nella testa degli spettatori”, conclude Riccardo Tozzi.