"Questo film è un tentativo per dire che il dialogo con l'altro è possibile e che palestinesi e israeliani possono convivere nonostante guerra". A parlare è il regista israeliano Amos Gitaï, che questa mattina a Roma ha presentato Free Zone, road-movie al femminile presentato lo scorso anno in concorso al Festival di Cannes e in uscita soltanto ora (il 12 maggio) nelle sale italiane distribuito dall'Istituto Luce. Interpretato da Natalie Portman, Hanna Laslo e Hiam Abbas, ''Free Zone'' è il primo film di un regista israeliano girato in un paese arabo. La vicenda è ambientata al confine tra Israele e Giordania, paese in cui Gitaï ha avuto il permesso di girare dal re Abdallah II, e parte dall'assunto che, più delle iniziative politiche e della diplomazia, siano il commercio e le più elementari relazioni umane ad avvicinare le persone. La "free zone" (zona franca) del titolo è una striscia di terra in cui le persone di paesi vicini come l'Iraq, l'Egitto e la Siria s'incontrano per vendere o acquistare auto. Qui sono dirette Rebecca (Natalie Portman) e Hanna (Hanna Laslo): la prima è una giovane americana di religione ebraica decisa ad abbandonare il paese dopo aver rotto con il fidanzato, la seconda è una ragazza israeliana che per vivere fa l'autista di taxi ed è diretta in Giordania per recuperare da Leila (Hiam Abbas), una donna palestinese, una grossa somma di denaro per conto del marito. "Nella vicenda di queste tre donne, al di la delle loro differenze, si capisce che le barriere, sia fisiche che mentali, si possono superare. Quello che ho cercato di fare – continua - è stato trasmettere un'immagine di questi luoghi diversa da quella che in genere ci arriva dai tg di tutto il mondo - spiega Gitaï -. Purtroppo mi rendo conto che non possiamo dare tutte le colpe alla televisione. Anche noi israeliani e palestinesi abbiamo contribuito a diffondere un'informazione intossicata". Per il regista - già autore di Kadosh (1999), Kippur (2000), Kedma (2002) e Terra promessa (2004)  - il rischio è di "rimanere soli". "Se non riusciremo a trovare una qualche forma di coesistenza, se continuiamo a sbranarci, prima o poi il mondo si stuferà e comincerà a disinteressarsi di noi".