Un padre, veterinario in uno zoo, un figlio e una giraffa. Sarebbe racchiuso tutto qui, nel legame profondo che unisce i tre, l'esordio di Rani Massalha Giraffada se non fosse per un piccolo particolare: la vicenda si svolge in territorio palestinese. "Una terra dove nulla è scontato e la realtà supera spesso la fantasia - dichiara il regista. Il mio film è ispirato a una storia realmente accaduta, ma molti stentano ancora a credere che sia vera".
In effetti pensare che esista uno zoo a Qalkilya in grado di ospitare varie coppie di animali, ha del miracoloso. E questo nonostante i rischi, il più grave quello di trovarsi al centro di un bombardamento da parte degli Israeliani come puntualmente avvenuto nel 2002. Vittima del raid una giraffa maschio che aveva lasciata sola, triste e incinta la compagna. Come nella realtà, anche nel film la storia si sviluppa intorno all'urgenza di trovare un altro maschio, pure se proveniente da Israele, per rinnovare la speranza di vita e andare avanti. Un necessario segnale positivo, come sottolinea l'autore: "È molto importante il simbolo rappresentato dalla giraffa, che sintetizza la possibile unione tra i popoli palestinese e israeliano. La giraffa non ha passaporto né credo religioso, per questo alla fine le viene naturale unirsi dall'altra parte del confine alla sua simile rimasta sola. Penso fermamente che la pace tra i due popoli non possa che passare dall'incontro tra i singoli, come insegnano le due giraffe."
Un rapporto di comunicazione che Massalha si è sforzato sin da piccolo di coltivare, nonostante le divisioni culturali e fisiche costituite dalle impenetrabili frontiere che dividono i due paesi. "Per chi non ci vive è molto difficile anche solo immaginare la presenza imponente del muro che separa lo stato palestinese da quello israeliano. Non divide solo i territori, ma spesso taglia in due una stessa città palestinese. Quando siamo arrivati a girare la scena della giraffa che attraversa un varco aperto nel muro, uno dei produttori mi ha chiesto di far vedere per un po' solo la testa dell'animale al di sopra del cemento. L'ho guardato meravigliato capendo che non aveva alcuna idea di quanto si erga il muro: è molto ma molto più alto di una giraffa".
Giraffada ha costituito l'occasione per mettere insieme una troupe mista, dove accanto a palestinesi e israeliani si sono trovate anche persone di molti altri paesi. "È il miracolo del cinema - chiosa Massalha. Ci si ritrova sul set e qualsiasi sia la cultura di appartenenza si finisce con il parlare tutti la stessa lingua. Il mio non è il primo film girato con troupe mista, ma ogni volta è un'emozione perché capisci che sarebbe molto facile andare d'accordo se non ci fossero i governi a decidere al posto dei cittadini. Se fossimo liberi di scegliere, saremmo amici".
Giraffada è coprodotto anche dall'italiana Lumière e montato da Carlotta Cristiani, c'è quindi un pizzico del nostro paese nel film. "Montare in Italia è stata per me un'esperienza oltremodo entusiasmante - ricorda con entusiasmo il regista -, perché sono cresciuto guardando film italiani. Quando ero a Cinecittà non mi sembrava vero di trovarmi dove aveva girato Fellini. Quello degli Studios è un patrimonio incredibile da proteggere assolutamente, e spero non siano vere le voci che vogliono una parte di Cinecittà in mano a privati e trasformata in supermercati. Per noi che abbiamo enorme difficoltà a proteggere i nostri tesori, è impensabile che altri popoli possano svendere i propri patrimoni".