Le Giornate degli Autori (30 agosto - 8 settembre) issano tre bandiere sulla nona edizione: donne, italiani e pirati. La formula, coniata dal direttore Giorgio Gosetti, è un assist ai giornalisti, ma ha un fondo di verità.
Le donne: indubbiamente le GdA di quest'anno rispettano il moderno dettato sulle quote rosa, portando al 40% la percentuale di autrici in concorso (quattro su dieci) - tra le quali c'è una certa Hiam Abbas, all'esordio dietro la macchina da presa con Heritage, un dramma di famiglia sullo sfondo dell'ultimo conflitto tra Israele e Libano - e dedicando all'universo femminile un focus ad hoc, Womens' Tales, nato in collaborazione con Miu Miu (una delle più celebri case di moda italiana ancora italiane) e pensato come progetto organico che combina visioni, confronti pubblici e dialoghi privati. Una tre giorni in cui verranno presentati quattro film brevi, introdotti dalle loro autrici (Zoe Cassavetes con the Powder Room, Lucrecia Martel con Muta, Giada Colagrande con The Women Dress e Massy Tajedin con It's Getting Late) e che culminerà il 1° settembre con la riproposizione di Meshes of Afternoon (1943) di Maya Deren, a ricordo di una delle più grandi registe sperimentali americane.
Bandiera Italia: Giorgio Gosetti sottolinea come le GdA siano quest'anno "meno europee e più italiane". Tranquilli, nessun rigurgito patriottico ma una semplice constatazione: "Alla produzione del Vecchio Continente subentrano coproduzioni internazionali per le quali diventa difficile certificare la nazionalità". Tradotto: non ci siamo messi a spulciare i passaporti per prendere i film e se gli italiani costituiscono una compagine più ricca che nelle scorse edizioni dipende anche dalla cura dimagrante impressa da Barbera ai titoli tricolori in Mostra (vedi soppressione di Controcampo). In ogni caso alle GdA, selezione ufficiale, troveremo due compatrioti: Vincenzo Marra con Il gemello (viaggio dentro il carcere circondariale di Secondigliano intrapreso nei modi di una docufiction) e Stefano Mordini con Acciaio (dal best- seller di Silvia Avallone, un adattamento interpretato da Michele Riondino e Vittoria Puccini), mentre l'azzurro nazionale domina con i sei doc che compongono il cartellone degli Eventi speciali, tra cui spiccano Giada Colagrande e il suo Bob Wilson's Life and Death of Marina Abramovich, Costanza Quatriglio con Terramatta, sul nostro Novecento e sulla figura dell'analfabeta siciliano Vincenzo Rabito, e i lavori dedicati a Pietro Ingrao (Non mi avete convinto di Filippo Vendemmiati) e all'indefesso cinefilo Pietro Tortolina (L'uomo che amava il cinema di Marco Segato).
Capitolo pirati: niente a che vedere ovviamente con l'illecito fenomeno dei rubagalline digitali, ma un programma autogestito da un colletivo di cineasti (Cinema corsaro) nel nome della sperimentazione più ardita. Un inno al "cinema off", intonato dai vari Tonino De Bernardi (Iolanda, tra bimba e corsara), Giovanni Cioni (Gli intrepidi), Giovanni Maderna e Mauro Santini (Carmela, salvata dai filibustieri), Sylvain George (Work in Progress: Vers Madrid, sul movimento degli Indignados), Enrico Ghezzi (Carta bianca, un mix di opere inedite dello stesso inventore di Blob), Alessio Di Zio (Rodolfo Valentino) e un inedito di Corso Salani (Altrove: è il provino a un'attrice del suo ultimo film, mai realizzato).
Tra i titoli della selezione ufficiale occhio a Stories we Tell di Sarah Polley (Away From Her) e allo "sconvolgente" Kinshasa Kids di March- Henry Wajnberg (sui bambini di Kinshasa rifiutati dalle famiglie col pretesto che sarebbero posseduti dal maligno).
Immancabili le Venice Nights nell'arena a cielo aperto della Casa degli Autori, con doc dedicati tra gli altri a Francesco De Gregori (Francesco De Gregori - Finestre rotte di Stefani Pistolini), al Po (Il risveglio del fiume segreto - In viaggio sul Po con Paolo Rumiz di Alessandro Scillitani) e a Johnny Depp (My Fried Johnny di Alessandra Cardone).
Anche quest'anno la manifestazione ospita i tre finalisti del Premio Lux, che sono: Io sono Li di Andrea Segre, Csak a szél di Bence Fliegauf e Tabu di Miguel Gomes. Piccolo aneddoto, lo racconta in conferenza stampa l'on. Silvia Costa: "Tra i finalisti c'erano i Taviani con Cesare deve morire, ma hanno rinunciato alla candidatura perchè il loro film aveva già avuto successo. Hanno così deciso di lasciare il proprio posto a qualcun altro". Bella mossa.
Sulla carta il programma della GdA sembra confermare la dimensione tenacemente off della sezione promossa da ANAC e 100 AUTORI (d'altra parte il leone rasta scelto come immagine della manifestazione parla chiaro), ovvero la volontà di (non) raccontare complessi mutamenti globali (e, ovviamente, cinematografici) attraverso marginalità, anarchia, episodicità e sottodimensionamento produttivo: nella grande famiglia dell'audiovisivo sono ancora questi i luoghi - credono alle GdA - di non contaminazione, di libertà, di resistenza. Una sorta di Fortezza Bastiani del cinema sommerso e insieme la sua vetrina: necessaria nel momento in cui mette a fuoco esperienze della visione altrimenti condannate all'invisibilità; rischiosa se ne diventa una riserva protetta, il ghetto tollerato agli estremi lidi del conformismo.