“Un racconto paradigmatico della Sardegna degli ultimi 20 anni a seguito dello sviluppo dell’industria turistica: dobbiamo stabilire un punto equilibrio che non faccia saltare ordine preesistente. Sarò curioso di sapere che ne penseranno i sardi, ma voglio togliere il film da collocazione regionale: è una storia che vorrebbe arrivare a tutti, sarebbe punitivo declinarla solo nel nostro territorio”.

Parola di Salvatore Mereu, che porta fuori concorso alla 77. Mostra di Venezia Assandira, tratto dal libro di Giulio Angioni, interpretato dal Gavino Ledda di Padre padrone.

Nel cast anche Anna König, Marco Zucca e Corrado Giannetti, scopriamo il vecchio Costantino (Ledda) inzuppato da una pioggia torrenziale quanto inutile: troppo tardi ha spento l’incendio che s’è mangiato l’agriturismo in mezzo al bosco, Assandira. Nel rogo sono periti molti animali e il figlio di Costantino, Mario (Marco Zucca): la di lui moglie, la tedesca Grete (Anna König), incinta lotta in ospedale. Sul posto sono i carabinieri e il giudice Pestis (Corrado Giannetti) che a Costantino chiede conto di quel che è accaduto.

Dal 9 settembre in sala, nel testo ispiratore Mereu ha intravisto la “possibilità di un racconto familiare con modalità tragedia, raccontare cose che si conoscono, ma partire da un libro è un vantaggio solo apparente”.

Gavino Ledda premette che “ero immerso nel mio lavoro, che dura dal 1958, però alla fine Salvatore mi ha convinto: tre anni spesi bene, forse sì”. Sulla professione del suo Costantino, aggiunge: “Il lavoro non è un gioco, abbastanza duro fare il pastore, ma è stato uno dei primi lavori dell'umanità. La pecora ci ha permesso di sopravvivere e arrivare sulla luna, e anche oltre”.

Sull’aspetto produttivo, Mereu ringrazia Rai Cinema, che ha ”creduto nel progetto senza alcun condizionamento”, elogia una “formula produttiva che oggi è forse l’unica possibile: intervento di TV, Stato, film commission e fondi regionali”, ricorda come “io e mia moglie abbiamo una casa di produzione”, lamenta “mezzi non adeguati alla misura del progetto, e poi perfino un monsone”.

Assandira parla anche di vergogna, e Ledda non si tira indietro: “Per fortuna esiste da molto tempo, di inverecondia si parla già in Omero. Questa è tragedia ecologica, non greca, un figlio morto, la famiglia compromessa, però io avrei fatto la stessa cosa di Costantino Saru: solo il fuoco poteva salvare una Sodoma come quella, purtroppo ce ne sono altre in Sardegna e ancora più fuori. La vergogna solo il fuoco può redimerla”. Ribatte Mereu, “questa è interpretazione di Gavino, diciamo che la vergogna ci dà la misura delle cose e andare oltre più portarci all’autodistruzione. Senza elevarci a giudici di costumi, perché non verrei il film venisse scambiato per un avamposto crociato contro le derive dei costumi delle persone, per carità”.

Obiettivo “conoscere l’animo umano senza giudizio”, il libro ha “una trama gialla, e sarebbe da stolti privarsene: la struttura poliziesca tiene desta l’attenzione dello spettatore, tutto comunque è nella testa di Costantino, che un po' racconta un po' vagheggia”.