“Il segreto di Cannes? Non lo conosco, ma se si scoprisse… svanirebbe. Semplicemente, è il più grande festival del mondo, ma io ci sono solo da 10 anni: la speranza è che continui così”. Parola di Monsieur Cannes, Thierry Fremaux, protagonista assoluto della XV edizione di Tertio Millennio Film Fest, dove questa sera (ore 20.30, Roma, Sala Trevi) presenterà e commenterà con Alberto Barbera alcuni dei primissimi lavori dei fratelli Lumière e riceverà il Premio Speciale Cinema.
Ma torniamo a Cannes: “E' frutto di un lavoro collettivo, è un tesoro pubblico, somma di segreti che ognuno di noi coltiva quotidianamente”, prosegue Fremaux, ritornando agli anni in cui lo seguiva “arrivando in auto da Lione: l'ho sempre amato, oggi il festival mi sta ricambiando”. Ma Fremaux non è solo il delegato generale di Cannes, bensì il direttore dell'Institut Lumière di Lione, che si occupa di restaurare, diffondere e promuovere il cinema del passato: chissà, magari a Cannes 64 avrebbe preferito vincesse il film muto e in bianco e nero The Artist di Michel Hazanavicius piuttosto che The Tree of Life di Malick? Fremaux ride, e svicola: “Sono sempre d'accordo con il palmares, scegliere è difficile, ma sono contento che, grazie a The Artist, pubblico e critica possano realizzare che cinema del passato e del presente sono la stessa cosa”.
Per i detrattori, meglio, gli invidiosi, Cannes colleziona figurine, ovvero il meglio del cinema mondiale, puntando sui grandi nomi e assicurandosi lo ius primae noctis, ma Fremaux dissente, con una panoramica ecumenica sugli altri festival: “Prima c'è Berlino a febbraio, poi Cannes  a maggio, quindi Venezia e Toronto a settembre: in altre parole, c'è equilibrio, e per certi aspetti il nostro slot non è nemmeno il più felice”. Eppure, c'è l'ennesimo segreto: “La fedeltà degli autori, da noi contraccambiata: Fellini è venuto 11 volte, Sorrentino è già a tre”. E, comunque, Cannes non è “un acchiappa-tutto: The Descendants di Alexander Payne l'ho visto e lo volevo, ma per la Fox non era il momento adatto”. Ma i segreti della Croisette non finiscono qui: “Cannes ha saputo evolvere, e cambierà ancora, seguendo passo passo le trasformazioni del cinema: oggi la circolazione dei film è più rapida, come potrebbe non riflettersi su un festival?”.
La 65esima edizione è in programma dal 16 al 27 maggio 2012, e Big House di Matteo Garrone con ogni probabilità figurerà in Concorso: Fremaux, conferma? “Ah, Garrone ha un film? Lo scopro da voi”, sogghigna. Ed è un altro segreto da festival: diplomazia, evasione e furbizia, tutte condite dal sorriso.
Tra gli ingredienti giusti, comunque, c'è anche la vecchia, ovvero nuova, politique des auteurs: “Mappare la geografia degli autori è il primo lavoro da fare, perché ci sono degli “autori moderni” che non sono né autori, né moderni”. Insomma, i tempi son difficili, ma la settima arte – “Il cinema commerciale è un'altra cosa…” – non demorde: “Le immagini oggi sono dappertutto, ma il cinema ne è ancora il cuore”, sostiene Fremaux. E svela i “quattro pilastri di un buon festival: autori, star, mercato e stampa, e devono essere della stessa altezza, se no si perde l'equilibrio, e il festival scivola…”. In ogni caso, anche se quasi tutto funziona, possono arrivare le critiche: “Per aver inserito in concorso Drive di Refn le ho avute, ma non farlo avrebbe dato nuovo lustro all'equazione cinema d'autore uguale cinema noioso. D'altronde, Ford, Peckinpah, Argento e Leone non sono forse autori? E allora bisogna lottare contro l'accademismo e le imitazioni, ovvero i falsi autori”. E, contemporaneamente, “i festival non devono difendere per partito preso quelle cinematografie che sono in declino, altrimenti cadono pure loro”. Ogni riferimento, ovviamente, è puramente casuale.
Che manca ancora? Premiato da un festival italiano quale Tertio Millennio, la domanda è d'obbligo: Fremaux, come sta il nostro cinema? “L'anno primo che arrivassi a dirigere Cannes, in concorso non c'era nessun film italiano: era il 2000, e fu uno scandalo, almeno per voi. Ma il vostro cinema tiene botta: dopo Fellini, Antonioni & Co. sono arrivati i Bellocchio, i Moretti, e oggi ci sono Sorrentino, Garrone. Insomma, se aveste quattro film buoni per Cannes 65, li metterei tutti e quattro in concorso, senza problemi, perché un altro segreto è tautologico: avere buoni film.  Lo spettatore in sala non si chiede da dove vengano, l'importante è che siano buoni”. Insomma, il cinema italiano sta bene, e lo dice uno che se ne intende, ma altre cinematografie non se la passano troppo bene. Per esempio, e non troppo incredibilmente, gli Usa: “Ci sono le grandi produzioni degli studios e i piccoli indipendenti: in mezzo, il nulla. Non a caso, a Cannes 64 in concorso c'era un solo americano, Malick”. Tirando le somme, dunque, Fremaux promuove gli italiani a pieni voti? “Mi dicono che a Cannes sono sempre gli italiani i primi a fischiare in sala”, bacchetta Fremaux. Ma si sbaglia, quello è un altro festival: Venezia. E, soprattutto, un'altra storia.