“Ho cercato di fare un film che fosse radicalmente dal punto di vista femminile però senza essere inquisitorio nei confronti degli uomini. E ho preferito raccontare una donna mai vittima, al limite insopportabile, o matta, e un uomo anche giustamente impaurito dagli eccessi e dalla foga di questa donna. Tutto questo senza dare giudizi, perché credo che raccontare sia una cosa diversa dal giudicare, anche se è impossibile farlo rimanendo neutrali”.

Francesca Comencini porta nelle sale (dal 29 novembre, in circa 120 copie con Warner Bros.) Amori che non sanno stare al mondo, film già presentato allo scorso Festival di Locarno, tra qualche giorno in cartellone anche al Torino Film Festival, tratto dall’omonimo romanzo firmato dalla regista stessa.

   Francesca Comencini - Foto Pietro Coccia

“Il titolo del libro mi venne in mente per caso, mentre scrivevo questi appunti, sorta di monologhi interiori di quattro personaggi differenti: credo esplichi bene il paradosso di questa storia, fatta di amori reali, intensi, grandi, che però fanno fatica a resistere nel flusso della quotidianità”, dice ancora Francesca Comencini.

Che si è affidata a Francesca Manieri e Laura Paolucci per trasformare il libro in una sceneggiatura cinematografica: “Il film è pensato come flusso di coscienza di una persona che quando perde l'amore prova a ricostruirne le fasi, in maniera disordinata, anche vagheggiando un'inesistente age d'or e parallelamente ragionando sul tempo”, spiega ancora la regista, che ha scelto Lucia Mascino per il ruolo della protagonista, Claudia: “Tutto parte dalla sceneggiatura, sono rimasta folgorata. Ti permetteva di prendere il punto di vista delle emozioni senza ragionare troppo. Poi il lavoro che abbiamo fatto non è mai stato quello di rappresentare superficialmente ciò che c'era scritto ma entrare in simbiosi con il punto di vista del personaggio. Dandogli la dignità e la possibilità di esistere: raramente ci si trova di fronte a personaggi così travolgenti e scritti così bene, raccontati con un'arte pazzesca e col giusto equilibrio tra tragedia e commedia”.

Claudia e Flavio (Thomas Trabacchi) si sono amati, a lungo e morbosamente. Poi tutto è finito, e per lei è un trauma. Dopo tanti anni quello che entrambi vedono è un mondo alla deriva, come un'isola. Lui ha dentro la furia di andare avanti, tornare a terra; lei non vorrebbe dimenticare mai.

“Potrei parodiare il titolo, ossia che Flavio è portatore di un mondo che non sa stare nell'amore. Un uomo di successo, vanitoso, che deve rinunciare al suo potere per entrare in quell'amore. Lui non riesce ad abbandonarsi, l'amore fa paura perché destabilizza, toglie certezze. Bisogna avere il coraggio per guardarsi in uno specchio frammentato”, dice Thomas Trabacchi, che aggiunge: “Ho potuto abitare questo personaggio grazie al privilegio di una conduzione coraggiosa. Ci vuole coraggio da parte di tutti, dal produttore al fonico, per permettere a noi attori di non terminare un simile processo creativo”.

Pensiero che sposa anche Carlotta Natoli, nel film è Diana, l’amica-collega della protagonista: “Per ogni personaggio c'è uno spazio ben definito, il film è molto coraggioso, con una forma che ricorda molto il jazz. Diana è un contrappunto, il controtempo della protagonista. Nella vita mi è capitato più spesso di dovermi appoggiare ad amiche così, capaci di sdrammatizzare e di riportarti all'interno di un sorriso. È un film capace di sollevare molte domande, di farti riflettere su alcuni punti amari. E riuscire a concertare tutto questo in un racconto tutt'altro che banale è un'assoluta rarità per il cinema italiano”.

Cinema (anche quello italiano) che, nell’ultimo periodo, si è ritrovato travolto dal cosiddetto “scandalo molestie”, argomento a cui Francesca Comencini, da sempre femminista convinta, non si sottrae: “Parliamo di un tema al quale nel corso della mia vita ho dedicato molte riflessioni, attività politica, film, e credo sia importantissimo portare questa discussione a un livello politico, più alto. Quello che è avvenuto in queste settimane è molto importante: in tutto il mondo numerose donne hanno iniziato a parlare, portando alla luce storie tristemente simili. Questo è un fatto importante, queste donne sono state coraggiose e sono loro grata, fermo restando il sacrosanto diritto di chi è accusato di potersi difendere. Quello che è accaduto in Italia, poi, è significativo: Asia Argento ha denunciato di aver subito una violenza da un uomo accusato da più di cento donne, uomo che finora non ha negato. Qui in Italia è stata attaccata lei, con gente che le faceva le pulci per la tempistica delle sue affermazioni. Tutto questo è un problema sistemico, che si chiama patriarcato. È una questione politica, ma dovremmo affrontare l’argomento in un altro contesto, oggi non c’è il tempo necessario per farlo”.