"Smetto di fare cinema per due anni. Il mio unico interesse al momento è che Miral venga visto da quanta più gente possibile". Gli auspici di Julian Schnabel al momento sono stati esauditi, e il film - in concorso al Lido e da domani in sala con Eagle Pictures (che lo ha anche prodotto con Pathé, Er Productions e India ake One Productions) - è stato acquistato anche in Medio oriente: "Lo vedranno pure in Israele", conferma il pittore/regista. Non era affatto scontato.
Tratto da La strada dei fiori di Miral, romanzo autobiografico della reporter palestinese Rula Jebreal (compagna di vita di Schnabel e volto noto in Italia per aver condotto diversi programmi su La7 e la Rai), Miral è un duro atto d'accusa contro l'occupazione israeliana filtrato dallo sguardo di una giovane donna palestinese la cui storia personale s'intreccia con quella disgraziata della propria terra. Dopo un'iniziale adesione alla lotta armata, Miral (interpretata da Freida Pinto, che ha dato forfait alla Mostra) seguirà la via pacifista tracciata dal padre e dalla sua vecchia insegnante, la coraggiosa Hind Husseini (Hiam Abbass, che si dice "grata della partecipazione a questo progetto" e rivendica "l'esigenza di fare cinema politicamente impegnato"). La stessa che a Gerusalemme, anni prima, aveva fondato un istituto per gli orfani di guerra palestinesi: "Il romanzo e il film sono dedicati alla sua figura e a quella di mio padre, maestri di tolleranza - racconta la Jebreal -. Mamma Hind in particolare aveva capito l'importanza dell'istruzione nel garantire un futuro di libertà alle donne. Se sono ignornati hanno solo due strade davanti: sposarsi o diventare prede dei fondamentalisti. Sono loro, insieme ai bambini, le prime vittime di ogni conflitto. Ma se Miral può insegnarci qualcosa è proprio questo: laddove c'è un bambino che ha bisogno, lì si trova anche chi può aiutarla". La Jebreal, che ha scritto anche l'addattamento, è stata per tutto il tempo delle riprese sul set in Medio oriente, tra Gerusalemme e Ramallah: "Ho rivisto la mia vita, è stato doloroso - racconta - ma anche liberatorio. C'erano episodi, come lo stupro del padrino ai danni di mia madre, che facevano ancora male. Ma insieme ho ritrovato il volto di quelle donne che allora mi diedero coraggio".
"Era impossibile girare il film senza Rula - interviene Schnabel -. Lei aveva vissuto in prima persona quella storia, sapeva esattamente cosa c'era in una stanza, dov'era un posto, come vestiva un personaggio. E poi tanti ricordavano la ragazzina che era, e questo ci ha aperto molte porte facilitando la lavorazione". Sul suo personale coinvolgimento nel progetto: "Da ebreo-americano avevo bisogno di rileggere la storia di questo dannato conflitto da un altro punto di vista. Un conlitto che ancora oggi non mi so spiegare, perché se i valori che il padre di Rula diede alla figlia sono gli stessi che mi ha trasmesso il mio, vuol dire che ebrei e palestinesi non sono poi tanto diversi".