Dieci anni fa una scolaresca americana saliva sul volo 180 diretto a Parigi. Poco prima di decollare un gruppo di studenti, suggestionato dai presagi di un loro compagno, Alex (Devon Sawa), abbandonava il velivolo in preda al panico. Pochi minuti dopo l'aereo prendeva fuoco. Senza sapere bene come, il ragazzo aveva salvato se stesso e altre 6 persone da una fine orribile. Temporaneamente. Perché giorni dopo i sopravvissuti avrebbero comunque perso la vita in circostanze misteriose: la morte non si era dimenticata di loro e, venuta a riprenderseli, avrebbe infine ultimato il puzzle rimasto incompleto.
Era questa la trama di Final Destination, il fantahorror diretto da James Wong, che il regista aveva scritto insieme a Glen Morgan, dopo che i due avevano lasciato la produzione esecutiva del serial X-Files. Tre anni dopo la storia si ripete, con un regista diverso, David R. Ellis, e una ragazza come protagonista: il sequel inizia con un maxi tamponamento su una statale. Una sequenza spettacolare, “presagita” stavolta da Kimberly (A.J. Cook) che, scampata all'incidente, decide di vederci più chiaro interpellando l'unica superstite del primo capitolo, Clear (Ali Larter), la ragazza di Alex. Le indagini finiscono in un vicolo cieco, e si concludono con altre morti e un finale incendiario.
Ma nel 2006, quando la New Line Cinema decide che esiste ancora un mercato per questo franchise, in cabina di regia torna Wong. L'incipit stavolta ci porta sulle montagna russe di un luna park dove alcuni liceali festeggiano l'ultimo anno di scuola. A salvare se stessa e altri compagni ancora una ragazza (Mary Elizabeth Winstead) che, con un po' di fortuna e grazie all'utilizzo di una macchina fotografica, comprende i piani della morte. Ma la fortuna dura poco: dalla morte si può scappare ma non nascondersi.
Insomma negli anni Final Destination ha chiarito al pubblico cinematografico che nell'eterna contesa tra predestinazione e libero arbitrio a vincere è la prima: malgrado gli sforzi i ragazzi non possono cambiare la loro tragica sorte. Tutto il contrario di quanto mostrato in serial tv di grande successo, sempre basate su fato e determinismo, come Lost e Flash Forward, dove i protagonisti provano a cambiare il proprio destino nonostante salti temporali, elettromagnetismo e un pizzico di paranormale.
Nel franchise fantahorror, invece, le sorti degli adolescenti statunitensi sembrano già scritte e impossibili da cambiare. “Non si può ingannare la morte. Ma evidentemente si può ingannare a ripetizione il pubblico” ha scritto il Los Angeles Times sulla saga, eppure il 21 maggio la Warner Bros. distribuirà in Italia il quarto episodio, il primo in 3D, che nel mondo ha già incassato 185 milioni ed è stato girato con rivoluzionarie telecamere per la stereoscopia sempre da Ellis, prossimamente sul set di Shark Night 3D. Questa volta ad essere inseguiti dalla morte i giovani spettatori di una corsa automobilistica stile Nascar, salvatisi dal crollo di una tribuna dell'autodromo. I ragazzi proveranno a eludere un destino che li vuole cadaveri, ma  c'è da scommettere che la morte ha altri piani. Gli stessi riservati ai protagonisti di Final Destination V, già annunciato e probabilmente nei cinema tra 3 anni.