Più i no che i sì – Nel novembre 1965, in una breve pausa di disoccupazione tra un quotidiano e l'altro (passai da “La Notte” a “Il giorno” attraverso “Stasera” che chiuse dopo 10 mesi), pubblicai sul settimanale “Successo” un lungo articolo, aperto da un sommario: “I più autorevoli commenti della critica italiana sull'ultimo film di Federico Fellini. In Italia come a Parigi i pareri sono discordi. Ma anche tra i più accesi sostenitori del regista romagnolo si sono notati segni di perplessità”. In quel periodo, agli inizi del suo percorso di costumista (circa 100 film in più di 40 anni), la 22enne mia figlia Lia Francesca andò a Cinecittà dove chiese a Fellini il permesso di visitare il mitico Studio 5 dov'era stato girato Giulietta degli spiriti. In quell'articolo aveva aggiunto le mie perplessità a quelle degli altri, scrivendo, tra l'altro: “Si direbbe che l'unico film italiano vitale e nuovo di questo 1965 sia I pugni in tasca, opera prima di Marco Bellocchio”. (Prima della rivoluzione, 2° film di Bernardo Bertolucci, girato nell'autunno 1963, fu distribuito nel 1964. Senza successo.) Finita la sua visita, mia figlia andò a ringraziare Fellini che si congedò dicendole: “Salutami la mamma”. (Ci conosceva entrambi. Che eleganza nel suo rancore).

Mutazioni – Fino a 15-20 anni fa ne avevo il sospetto. Oggi ne sono sicuro: col passare dei decenni i film cambiano come cambiano gli spettatori, dunque anche i critici onesti. Vorrei, anzi dovrei, rivedere Giulietta degli spiriti, che non fu mai uno dei miei preferiti. Potrei cambiare idea. In meglio, forse.

Il cucchiaio – In quell'articolo scrissi: «Una storia precisa riflessa in tanti specchi» è un'altra definizione che Fellini dà del suo ultimo film. Tutto si può negargli, infatti, ma non la coerenza: Giulietta degli spiriti è senz'altro un film d'autore, ma è proprio come tale che ci sembra parzialmente riuscito. Lo stesso Fellini ne ha avuto il presentimento: ‘Mi è tornato in mente un altro sogno che feci una settimana prima di cominciare il film. Di colpo, con un cucchiaio, qualcuno mi levava l'occhio destro; non provavo dolore, solo sorpresa.
Che cosa voleva dire il sogno? … Forse che per il film non ci voleva lo sguardo dell'occhio destro, concreto, terrestre, ma solo quello dell'occhio sinistro, trasparente, fantastico. Ma poteva anche essere un sogno ammonitore: finirai male, non hai più l'occhio destro, vedi le cose troppo unilateralmente…'. In passato s'è parlato spesso delle due anime di Fellini: quella satirica, crudele, ironica, e quella spiritualistica, mistica favolosa… ha sempre raggiunto i suoi risultati più alti quando ha trovato l'equilibrio tra i due termini. Appartiene alla rara e discussa schietta dei visionari della realtà. In Giulietta degli spiriti è soltanto un visionario”.