“Siamo preda del senso di colpa e di cliché comportamentali, ci vorrebbe più libertà”. Così il regista Luciano Capponi presenta la sua opera prima, Butterfly Zone, già vincitrice del Premio Méliès come miglior fantasy al Fantafestival 2009 e in sala dal 2 luglio con Borgo dello Spettacolo in 20 copie.
Thriller? Fantasy? Commedia surreale? Forse, tutte e tre le cose: "Ho cavalcato vari generi, ma non penso sia un film difficile - dice il regista - perché la vita si divide tra dramma, farsa, commedia e teatro dell'assurdo: ognuno di noi decide come viverla".
Butterfly Zone è il racconto di Vladimiro (Pietro Ragusa), che ritrova il padre tra la vita e la morte: “Inizialmente avevo chiesto a Paolo Villaggio di interpretarlo, ma poi ha fatto marcia indietro e così ho scelto Francesco Salvi”, dice il regista.  Bevendo il vino, lasciato dal padre in eredità, i tre protagonisti, interpretati da Pietro Ragusa, Francesco Martino e Alessandra Rambaldi, sono trascinati nell'aldilà, dove entreranno in contatto con un inquietante killer (Nicolaj Savicevich) e con la strega dai lunghi baffi, interpretata da Barbara Bouchet, che gioisce: “Finalmente ho sfatato il mio ruolo di donna sexy, non avevo mai fatto la cattiva”.
“In sostanza, Butterfly Zone è una favola che mescola vari registri linguistici”, dice Capponi, al debutto cinematografico dopo aver lavorato per radio, la televisione e teatro. Non solo, è anche un appassionato di calcio e ha fondato la squadra "No fair no play" per le nuove generazioni: "Sono romanista, ma il calcio è una casta: non dimentichiamo che figura ci ha fatto fare ieri. L'avete visto il manifesto con cinque calciatori in mutande finanziati da una grossa ditta? Forse c'è una relazione con il fatto che hanno giocato…”, conclude Capponi.