Cina oggi: un minatore che si ribella alla corruzione dei capi villaggio; un migrante di ritorno a casa per il Capodanno che scopre le potenzialità di una pistola; la receptionist di una sauna che si vendica per le angherie di due clienti; un giovane operaio desideroso di una vita migliore. Quattro persone, quattro regioni, un film, che non fa sconti: A Touch of Sin ("Il tocco del peccato") di Jia Zhangke, premiato per la sceneggiatura a Cannes 2013, da oggi nelle nostre sale con Officine Ubu. Già Leone d'Oro 2006 con Still Life, abbiamo intervistato l'acclamato regista cinese: un'esclusiva cinematografo.it   Jia Zhangke, che cos'è la Cina oggi, meglio, dove sta andando? Il tuo film sembra molto pessimista al riguardo.Le riforme sociali iniziate alla fine degli anni Settanta hanno avuto un grande impatto su tutti i cinesi. Hanno fatto sì che la Cina diventasse la seconda potenza economica mondiale, ma hanno portato anche al radicalizzarsi delle disparità tra ricchi e poveri e la corruzione dilagante, problemi che hanno sviluppato nella gente il sentimento di ingiustizia. Negli ultimi due o tre anni, gli episodi di violenza sono aumentati, tuttavia la società sembra non accorgersene. Questo mi ha spinto a girare il film, spero che attraverso di esso si sviluppi una coscienza del problema della violenza e ci si avvii a comprenderne le ragioni, a trovarne le radici. Se il cinema affronta la violenza, si potrà evitarne il ripetersi nella vita reale. Questo film racconta le sofferenze della gente comune in un processo di trasformazione. Ma io sono ottimista, penso che solo continuando le riforme si possano risolvere i problemi insorti con esse e così ridurre la pressione sulla gente.

Qual è la responsabilità dell'ultracapitalismo nella disperazione e nella violenza che A Touch of Sin inquadra?
La violenza non è solo in Cina, c'è dovunque, l'umanità ha una storia millenaria di violenza, sembra che non si sia mai riusciti ad estirparla. Ci sono  motivazioni sociali e altre insite nella natura umana. Prima di tutto, mi sono reso conto della relazione esistente tra violenza e dignità: quando la dignità di qualcuno viene violata, e questi non trova modo per riacquisirla, semplicemente ricorre alla violenza. Dopo aver montato il film, mi sono accorto che il problema della violenza è anche manifestazione di una impossibilità di risolvere altrimenti i problemi insorti con le riforme, di una incapacità di comunicare con gli altri. La violenza diventa l'unica forma di espressione. Prenderne coscienza mi ha molto rattristato. In questa epoca di Internet, possiamo esprimerci con ogni mezzo, ma non è detto che la nostra voce sia ascoltata da qualcuno, non è neanche detto che qualcuno la senta, questo è il problema.
Così ho deciso di fare un film, che faccia sentire queste voci. 
Venendo alla famiglia, quali ripercussioni avrà la scelta di abolire la politica del figlio unico? Da quello che ho capito io, il Terzo plenum del Partito non ha cancellato il controllo delle nascite, ha apportato delle correzioni. Ritengo che correggere le proprie politiche sia un segno di vitalità, e ciò ci riempie di speranze. 
Qual è il tuo rapporto con la censura, e perché, nonostante l'ultraviolenza e lo sguardo senza filtri sulla realtà cinese, A Touch of Sin non ne è stato colpito?In Cina, c'è ancora la censura, ogni film deve passarla due volte: per la sceneggiatura e poi a prodotto finito, altrimenti non può uscire nelle sale. Tutti i miei film, dal 2004 in poi, hanno avuto l'approvazione della censura. Grazie al fatto che il sistema sta gradualmente diventando meno rigido, e grazie anche alle pressioni dei registi negli ultimi 20-30 anni. Inoltre, credo che il film sia molto legato alla realtà, ma è una realtà che sui nostri media, sul nostro Weibo - il corrispondente cinese di Twitter - è già ampiamente affrontata. I nuovi media ci hanno portato ad una maggiore conoscenza della realtà del paese. Per questo il film non ha avuto problemi: riflette la realtà. 
La Cina ha superato il Giappone ed è oggi il secondo mercato al mondo, dopo l'Europa, per il cinema hollywoodiano: voi registi cinesi soffrite questa “invasione” o, con i debiti tagli della censura, c'è spazio per tutti? Il mercato cinese ha avuto un enorme sviluppo negli ultimi anni, il cinema sta attirando molti capitali, i registi hanno maggiori occasioni. Ma allo stesso tempo, i film in cui vengono investiti i capitali devono imitare quelli di Hollywood e, da un punto di vista di valori, il mercato si pone in contrapposizione con i registi. Questo pone i registi davanti a un problema: come continuare a raccontare la nostra nazione? Come continuare nella nostra sperimentazione? 
Quale sarà il tuo prossimo film, hai già progetti a cui stai lavorando?Sto preparando il mio primo film in costume, Sotto la dinastia Qing, l'ambientazione e i costumi sono già pronti:  a dicembre cominceremo i provini per la selezione degli attori.  
Per dirla con il titolo che hai scelto, quale è oggi il peccato capitale della Cina?Io credo che il silenzio, sulla società e sui suoi problemi, sia un peccato. La realtà la creiamo noi tutti, da questa angolazione spero che il mio film possa indurre ciascuno di noi a una riflessione, un'analisi introspettiva.