Non tornava in Italia dai tempi di Three Kings, Mark Wahlberg, oggi di nuovo a Roma per presentare il suo ultimo film da protagonista, E venne il giorno di M. Night Shyamalan (distribuito dalla Fox in contemporanea mondiale il prossimo 13 giugno, in 400 copie): un thriller ambientalista ma soprattutto una riflessione sulle paranoie dell'America contemporanea, che deve molto alle preoccupazioni del suo regista. "Negli anni '50 L'invasione degli ultracorpi e Gli uccelli usavano la fantascienza per parlare di temi come la caccia alle streghe e i diritti civili, spiega l'autore di The Sixth Sense, e adesso stiamo vivendo una fase simile: titoli recenti come I Am the Legend e Cloverfield danno un'idea dell'ansia per il mondo che ci circonda". La paura del futuro "sottende tutta la mia filmografia: i personaggi delle mie opere hanno qualcosa di me, tranne quelli che interpreto io", ma stavolta il regista ha rinunciato al gusto hitchcockiano del cammeo: presta soltanto la voce (telefonica) al personaggio di Joey. Al maestro del brivido, però, si è ispirato per le atmosfere: "E venne il giorno è un film di paura, ma girato quasi tutto alla luce del sole: da un punto di vista grafico e visivo, sono stato influenzato dall'estetica minimalista giapponese, da Kurosawa in particolare. E poi Kubrick, anche se ho resistito alla tentazione di voler realizzare inquadrature come le sue". Ma il film, che pure promette più di un salto sulla poltrona, è anche una meditazione sulla spiritualità: "Tutti i miei film, spiega Shyamalan, sotto la superficie dell'intrattenimento parlano di fede e di religione". Inevitabile quindi che la carriera del regista incrociasse quella di Wahlberg: "Mark è un uomo di fede, mi ha attratto proprio per questo, ha portato nel suo personaggio una convinzione che tocca profondamente il pubblico". E l'attore, che dopo una giovinezza burrascosa nell'hip-hop e nella moda ha messo la testa a posto sfiorando l'Oscar per The Departed e inventandosi anche produttore, ha potuto finalmente abbandonare i film d'azione per cimentarsi "in un ruolo alla Tom Hanks: l'ho accettato perché mi piaceva il tipo di personaggio, e perché sono un fan di Shyamalan". Da buon padre di famiglia, "ho paura soltanto di cosa possa accadere loro, ma ho una forte fede religiosa, credo in Dio e in Gesù Cristo". Ma se proprio deve confessare un incubo, forse pensando a Boogie Nights, il film di Paul Thomas Anderson che lo lanciò, si lascia scappare che "l'idea che mi terrorizza davvero è diventare come Burt Reynolds!".