E' morto Agenore Incrocci, la seconda metà della coppia Age e Scarpelli. Lo storico sceneggiatore si è spento oggi in un ospedale romano all'età di 86 anni. Insieme Age e Scarpelli hanno firmato alcune delle pagine più belle della storia del cinema italiano. Da  I soliti ignoti (1958) a C'eravamo tanto amati (1974), da Totò sceicco (1950) al western Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Sergio Leone. Nato nel 1919 a Brescia (era coetaneo di Scarpelli), Age era stato giornalista prima di debuttare come sceneggiatore con I due orfanelli di Mario Mattoli. La sua collaborazione con Scarpelli inizia nel 1952. Le loro sceneggiature forniscono un'incredibile varietà di personaggi emblematici dell'Italia del dopoguerra dalla quale ha origine il miracolo economico e gli anni del "boom". Le modificazioni del linguaggio diventano nei loro lavori la chiave di lettura per la comprensione del mondo. Le opere migliori appartengono al genere comico, o alla commedia di costume, dove i due danno sfogo alle loro idee polemiche nei confronti della società. Le prime sceneggiature sono per Totò. Tra le opere firmate dalla coppia ci sono film che hanno segnato un'epoca, come Sedotta e abbandonata (1964) e Signore e Signori (1965), entrambi di Pietro Germi. Per Monicelli sceneggiano, oltre a I soliti ignoti, anche La grande guerra (1959), I compagni (1963), L'armata Brancaleone (1966), Temporale Rosy (1980). Collaborano con registi del calibro di Luigi Comencini, Ettore Scola, Dino Risi, Alessandro Blasetti e Nino Manfredi. La coppia Age e Scarpelli riceve tre Nastri d'Argento e un David di Donatello nel 1975 per "Romanzo Popolare". Nel 1985 i due si separano. Age, il più metodico dei due, inizia a collaborare con Lina Wertmüller, poi con Dino Risi. Minori le esperienze successive per il cinema e per la TV. Nel 1990 Age pubblica un manuale di tecnica di sceneggiatura intitolato "Scriviamo un film". Una delle sue testimonianze più belle è contenuta nel libro Anni fuggenti - Il romanzo del cinema italiano del critico Silvio Danese dove ha raccontato della nascita della collaborazione con Scarpelli: "Tra la fine del '46 e il '47 ho incontrato Furio. Avevo incominciato a frequentare il Marc'Aurelio, giornale satirico di cui ero appassionato lettore, avendo anch'io partecipato alla fabbricazione di un paio di giornali in Francia e poi in Italia. Sono anche diventato giornalista professionista. Fu Vittorio Metz a spingermi a scrivere una cosa con Steno, per Totò, ed era I due orfanelli, ancora senza il contributo di Furio. Poi insieme abbiamo scritto Totò cerca casa". E ancora: "La nostra è diventata una ditta. Dico Age & Scarpelli, con la 'e' commerciale. Di qui in avanti si potrebbe raccontare insieme. C'era una sintonia evidente, un modo di vedere le cose e di divertirsi che veniva riconosciuto dai committenti". In Anni fuggenti anche un ricordo di Fellini "un ragazzone burlone, un motteggiatore" e Totò: "Scrivere per Totò era una cosa molto precisa: immaginare che fosse lui a suggerirti la battuta. Andavamo a teatro ad ascoltarlo, vedevamo i suoi film. Ma Totò era già stufo di stare in scena. Recitava un po' il ruolo del 'principe attore'. Totò era uno straordinario inventore, ma da qui a dire che le battute che faceva erano sempre farina del suo sacco, beh. Negli anni seguenti la fine della guerra lavoravamo in casa, in mezzo alla famiglia, che andava avanti e indietro. Minimo eravamo in due, io e Furio, ma spesso in quattro, in cinque. Non c'era lo spazio per dividersi, lavorare separati e concentrati e poi ricollegarsi. Soldi, pochissimi".