E' morta Laura Antonelli, icona sexy del cinema italiano. Aveva 74 anni. Il suo corpo senza vita è stato trovato nell'abitazione di Ladispoli dalla badante. Ancora ignote le cause del decesso. Carabinieri e polizia sono sul posto per le indagini.

Nata a Pola nel 1941, Lara Antonelli aveva raggiunto la notorietà con l'erotico Malizia (1973) di Salvatore Samperi, in cui interpretava il ruolo di una sensuale cameriera. Il film le valse il Nastro d'Argento alla migliore attrice protagonista e l'ingresso nell'immaginario nazionale come icona sexy italiana. Viene impiegata in seguito in pellicole d'autore come Trappola per un lupo di Claude Chabrol (dove conosce Jean-Paul Belmondo, con il quale avrà una turbolenta relazione), Sessomatto di Dino Risi e Mio Dio, come sono caduta in basso! di Luigi Comencini (per il quale vince il Globo d'oro). Torna ad essere diretta da Salvatore Samperi in Peccato veniale, mentre in Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi regala un nudo integrale di oltre sette minuti. La Antonelli conferma di essere un'attrice dotata non solo del fisico anche ne L'innocente di Luchino Visconti (1976), in Gran bollito di Mauro Bolognini (1977) e in Passione d'amore di Ettore Scola (1981), per il quale ottiene una nuova candidatura al David di Donatello per la migliore attrice non protagonista.

Gli anni '80 sono quelli del ritorno alla commedia più popolare: la ritroviamo in Grandi magazzini di Castellano e Pipolo e al fianco di Diego Abatantuono in Viuuulentemente mia di Carlo Vanzina.

Il 27 aprile 1991 è il giorno che cambia la sua vita: l'attrice viene arrestata per il possesso di  36 grammi di cocaina. Condannata in primo grado a tre anni e sei mesi di carcere per spaccio di stupefacenti (poi commutati nei domiciliari), la Antonelli ricorre in appello dove nove anni dopo, nel 2000, viene assolta perché riconosciuta consumatrice abituale di stupefacenti ma non spacciatrice.

Con Malizia 2000, in cui riprende il ruolo della vita diretta sempre da Samperi, dà vita a un'operazione riscatto che finisce male. Il film si rivelerà un fiasco lasciando ulteriori ripercussioni sulla salute mentale dell'attrice anche per via delle iniezioni di collagene al viso cui si sottopose durante la lavorazione e che a suo dire finirono però per deturparla. In seguito all'incidente la Antonelli citerà in giudizio il produttore, il regista del film (colpevoli di averla costretta a sottoporsi al trattamento anti-rughe) e il chirurgo estetico, chiedendo un risarcimento di trenta miliardi di lire, ma la sentenza scagionerà tutti gli imputati ascrivendo la deturpazione a una reazione allergica nota come edema di Quincke.

Gli effetti della sentenza, uniti al profondo stress sperimentato dall'attrice durante il lungo processo per droga, la prostrarono in modo grave tanto da costringerla al ricovero in una struttura di igiene mentale a Civitavecchia. A questo punto i legali dell'attrice decisero di citare in giudizio il Ministero di Grazia e Giustizia, chiedendo un adeguato risarcimento da parte dello Stato italiano per la propria assistita. Nel 2003, al termine del processo di primo grado, a Laura Antonelli viene riconosciuto un risarcimento forfettario di diecimila euro. Una somma ritenuta totalmente inadeguata dai legali dell'attrice, che sottopongono il caso giudiziario ed umano della propria assistita anche alla Corte Suprema dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo. Il processo si rivelerà favorevole all'attrice, alla quale la Corte d'Appello di Perugia, con decreto del 23 maggio 2006, riconoscerà un risarcimento di 108 000 euro, più gli interessi, per i danni di salute e di immagine patiti a seguito della sua odissea giudiziaria, protrattasi per nove anni. Un risarcimento che non ha potuto tuttavia arrestare il declino dell'Antonelli, ormai lontana dal mondo del cinema e costretta a vivere in condizioni di indigenza.

Ultima tappa di questa estenuante via crucis è l'appello che il 3 giugno 2010 l'amico Lino Banfi rivolge all'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi e al ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi, chiedendo aiuto per l'amica, spiegando che viveva grazie a una pensione di 510 euro al mese, con i doni della parrocchia e di qualche benefattore. Nonostante il positivo riscontro del Ministro, la Antonelli rifiuta però il vitalizio sostenendo che la vita terrena per lei non ha più alcun interesse. Cinque anni dopo muore in circostante ancora tutte da chiarire.