(Cinematografo.it / Adnkronos) - "La situazione è difficile, qui si parla di sopravvivenza". Non usa mezzi termini Mario Lorini, presidente dell'Anec, l'Associazione nazionale degli esercenti cinematografici, a proposito della realtà delle sale italiane a due anni dall'inizio delle misure anti-Covid. "Le montagne russe, con le fasi di chiusura, di riapertura, di freno e di ripartenza, ci hanno sempre penalizzati, avendo provocato sentimenti di diffidenza e di paura nel pubblico", spiega.

"Il mondo sta ritornando alla normalità, ma i nostri luoghi sono ancora sottoposti a misure restrittive, super green pass e mascherine ffp2 e persino l'obbligo di tracciamento - ricorda Lorini - anche se ora ci avviciniamo alla data del 10 marzo in cui potremo almeno riprendere a somministrare cibo e bevande al pubblico, un commercio che incide per il 35% sulle entrate per le sale cinematografiche. Ma il pubblico fa comunque fatica a tornare al cinema".

E qui scatta la seconda emergenza, per Lorini. "Oltre a una 'road map' certa sull'allentamento delle misure anti-Covid, serve anche una cronologia definita per le finestre di fruizione dei film: si fissi un termine, possono essere 90 giorni e possono anche variare nelle varie situazioni, un periodo congruo prima del quale un film non può andare in tv o sulle piattaforme digitali. Servono regole certe sulla destinazione dei film, privilegiando le sale cinematografiche; altrimenti, il pubblico non può che essere disorientato. Occorre mettere ordine e il Governo e il ministro della Cultura devono agire rapidamente", è la richiesta del presidente dell'Anec.

Osserva ancora Lorini: "L'Italia è l'unico Paese che nel 2021 abbia registrato una flessione rispetto all'anno precedente: non è accaduto né in Francia né in Inghilterra, né in Spagna né Germania, solo da noi... E' evidente come, al di là di tutte le possibili analisi e i tanti discorsi, ci sia una produzione che lavora tantissimo ma una invadenza sia delle serialità che delle piattaforme e il pubblico, già disabituato a uscire di casa, si adegua e si accomoda sul divano nel suo salotto domestico".

Nel 2021, poi, su 353 film la produzione nazionale è stata pari a 153 dunque vicina al 50% ma la quota di mercato è stata del 20% raggiunta peraltro essenzialmente grazie a non più di quattro o cinque film; per il resto, "il pubblico gli altri film italiani o non li ha visti o non li ha trovati". E qui si inserisce anche un terzo elemento: "Mancano all'appello circa 500 schermi - avverte il presidente dell'Anec - stiamo cercando anche con le Regioni di verificare se si tratta di chiusure momentanee dovute a lavori o ad altre ragioni, oppure di chiusure definitive, nel quale caso crollerebbe l'intero mercato cinematografico".

Lorini sottolinea che "il nostro vuole essere un appello attivo, non un piangersi addosso. Vorremmo semplicemente tornare alle cifre del 2019 ma qui secondo le previsioni non si arriverà nemmeno alla metà, anche se si comincia a vedere una luce". Non nasconde il presidente dell'Anec: "Sappiamo che anche noi dobbiamo trasformarci, ma ci serve un calendario preciso su misure e su finestre di collocamento dei film, anche se capisco che il discorso è forse più semplice per le produzioni italiane e si fa più difficile per quelle americane e internazionali. Non possiamo fare la guerra alle piattaforme digitali e alle serie tv, ma c'è una crescita esponenziale della produzione per uso domestico".

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"Il cinema è certamente un prodotto culturale ma è essenzialmente un prodotto industriale, perché senza il presidio industriale non può esserci poi un presidio culturale; e un'industria sana deve reggersi sulle sue gambe e non solo grazie ai sostegni pubblici. Ma l'industria cinematografica sta soffrendo e il nostro è un mercato debole". E' quanto tiene a sottolineare Luigi Lonigro, presidente dei distributori Anica, l'associazione nazionale delle industrie cinematografiche, intervenendo alla conferenza organizzata dall'Anec, l'associazione degli esercenti dei cinema.

"La pandemia causata dal Covid è stata un disastro totale, che ha cambiato anche le nostre abitudini, con le fiction tv e gli eventi tipo 'Festival di Sanremo' che hanno battuto tutti i record - osserva Lonigro - Occorre dunque riappropriarci del nostro pubblico. Ma le sale cinematografiche hanno perso la loro esclusività nella visione dei film, rispetto alle piattaforme digitali e alle tv che hanno mantenuto l'esclusiva di determinati prodotti ed eventi".

Allora, chiede il presidente dei distributori Anica, "la politica deve ora decidere se la sala cinematografica è un presidio culturale da salvare oppure no, al di là della presenza di interessi diversi e talora contrapposti. Spero che questa decisione sia presa il prima possibile e soprattutto - avverte Lonigro - che sia una decisione chiara, che non lasci spazio alle ambiguità e alle diverse interpretazioni".

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"La sala è centrale per il mondo del cinema: e al di là del punto di vista sociale, è centrale anche dal punto di vista del business. C'è però da mettere ordine e noi faremo il nostro compito". E' quanto assicura Benedetto Habib, presidente dei produttori Anica, l'associazione nazionale delle industrie cinematografiche, intervenendo alla conferenza organizzata dall'Anec, l'associazione degli esercenti dei cinema.

"Il mondo è cambiato - osserva Habib - e la sala cinematografica non è più il solo luogo dove si vede un film e non può più essere soltanto un luogo dove si va a vedere un film... Anche la tecnologia va rimessa in ordine, ma vanno imposte le stesse finestre di passaggio dal cinema alle piattaforme digitali e alle tv, per i film italiani come per i film stranieri".

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"Serve un grande sforzo di immaginazione, in prospettiva, per ripensare i luoghi del cinema, che devono diventare qualcos'altro dalla mera proiezione di un film". E' quanto sostiene l'attore Fabrizio Gifuni del direttivo di Unita, l'Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo, di cui è presidente Vittoria Puccini, intervenendo alla conferenza organizzata dall'Anec, l'associazione degli esercenti dei cinema.

Per Gifuni, "occorre uno scatto. L'esperienza della sala è un grande rito collettivo e i cinema devono continuare a essere presidii culturali della Polis, perché oltre che esercizi commerciali sono piazze aperte sulle città e mai come in questi anni di pandemia per il Covid abbiamo visto e capito cosa significhi spegnere le luci".

Però, sottolinea l'attore membro dell'associazione Unita, "bisogna fare in modo che la Polis torni a frequentare questi luoghi; anche se capisco che se per il teatro di tratta di una esperienza irripetibile che va vissuta 'dal vivo', per il cinema tra tv e piattaforme digitali il problema è più grosso".

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"E' inaccettabile che i film italiani passino subito, dopo appena un mese, dalla sala cinematografica alla piattaforma digitale". E' l'accusa che lancia Domenico Dinoia, presidente della Fice, la federazione italiana dei cinema d'essai, intervenendo alla conferenza organizzata dall'Anec, l'associazione degli esercenti dei cinema.

"La programmazione è in crescita, ma soltanto per un terzo viene pensata e ideata per i cinema; sempre meno si realizza un film che sia pensato per essere visto in sala, nella maggioranza dei casi viene già pensato per il passaggio in tv o sugli smartphone", osserva.Dinoia.

Per il presidente della Fice, la federazione italiana dei cinema d'essai, "serve un movimento culturale, non solo d'opinione, per ricostruire un rapporto con il pubblico, attraverso l'impegno comune delle istituzioni e degli artisti".

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"Se il cinema è una religione, allora la sala cinematografica è la sua chiesa". E' la metafora cui ricorre don Gianluca Bernardini, presidente dell'Acec, l'associazione cattolica esercenti cinema cui fanno riferimento ad esempio le sale parrocchiali, intervenendo alla conferenza organizzata dall'Anec, l'associazione degli esercenti dei cinema.

"Il nostro è un presidio territoriale, sociale e culturale - premette il religioso - ma si programmano film che già si trovano sulle piattaforme digitali o addirittura in tv. Ma un film visto al cinema è come una messa in chiesa: è vero che si può celebrarla ovunque, anche in aperta campagna o in riva al mare, ma il luogo principe della messa è la chiesa; così è per il film, il cui luogo principe per vederlo è il cinema. Se non crediamo in questo, allora cinematograficamente parlando siamo 'atei'...".