“Fu Giulio Andreotti a bloccarne la distribuzione, e a più riprese: 1950, 1953 e ancora negli anni ’60. Con la stessa motivazione, ‘c’è il rischio di danneggiare moralmente l’immagine del Paese”. Parola del direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino Alberto Barbera, che presenta al 33° TFF il film già ritenuto perduto Tragica alba a Dongo (38’), diretto dal giornalista Vittorio Crucillà nel 1950 e dedicato alle ultime ore di Benito Mussolini sul lago di Como a cavallo tra il 27 e il 28 aprile 1945.

Restauro conservativo realizzato proprio dal Museo in 2k, lavorazione al laboratorio L’immagine Ritrovata di Bologna, il film ricostruisce con una qualche efficacia e una buona dose di artigianalità l’epilogo del Duce attraverso le riprese effettuate nei luoghi reali degli eventi e gli attori non professionisti, in gran parte testimoni dell’accaduto: sullo schermo, in bianco e nero,  il tentativo di trovare riparo in Svizzera del Duce e degli altri gerarchi fascisti; la cattura a Dongo da parte di una brigata partigiana; l’ultima notte di Mussolini e Claretta Petacci presso la casa di una coppia di contadini, i coniugi De Maria e, infine, la fucilazione.

Il racconto è narrato e commentato dalla voce dello stesso Crucillà. Tragica alba a Dongo, appunto, non ottenne il nulla osta da parte della censura, ovvero l’Ufficio Centrale per la Cinematografia, cui si aggiunse la diffida della famiglia Mussolini verso la casa produttrice: la distribuzione del film in Italia fu impossibile. La copia nitrato conservata dal Museo di Torino, di proprietà della famiglia Paternò-Pelos, è stata ritrovata o, meglio, scoperta solo recentemente: una copia di Tragica alba a Dongo fu presentata nella retrospettiva sul Neorealismo curata dallo scomparso Alberto Farassino per il Festival Cinema Giovani, precursore dell’attuale TFF, nel 1989.

Da allora si credeva perduto, mentre oggi va a integrare il corpus del cinema di Resistenza italiano: “Attori non professionisti, drammatizzazione e mèlo – dice il direttore del 33° TFF Emanuela Martini – peculiari al Neorealismo si sposano al tono giornalistico del racconto di Crucillà: Tragica alba a Dongo è una testimonianza fondamentale e sorprendente sulla fine del Duce e, più in generale, sulla Resistenza”.