Dov'è Auschwitz? È questa la domanda da cui muove Mimmo Calopresti che ha seguito il sindaco di Roma Walter Veltroni e gli studenti di alcune scuole capitoline in visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. "Auschwitz – dice Calopresti - deve continuare a vivere quale luogo della memoria: l'orrore va raccontato". Quella che il regista cerca non è la collocazione geografica, ma il posizionamento emotivo e memoriale dell'Olocausto nelle giovani generazioni. Veltroni ogni anno accompagna i salvati della comunità ebraica romana sui luoghi del genocidio affinché il loro vissuto non vada disperso ma si depositi nella coscienza dei giovani. L'obiettivo di Calopresti inquadra i passi dello sterminio: dall'arrivo dei deportati in treno al loro epilogo nelle camere a gas. L'intento non è didascalico bensì partecipativo. Il regista entra in campo per raccontare le tappe della soluzione finale, soffermandosi sui resti della banalità del male – scarpe, valigie, capelli – e rintracciandone il vulnus sui volti dei reduci. Il silenzio percorre i racconti dei sopravvissuti: l'Olocausto sessant'anni dopo ritorna negli incubi notturni, nei sensi di colpa per un cuginetto sommerso e nelle interiezioni in tedesco. Dov'è Auschwitz? Perché Auschwitz? "Non avrò una risposta, ma è una domanda – dice Calopresti - da cui non posso sottrarmi". Una domanda che fa interrogare gli studenti sulla discriminazione ancora serpeggiante, sull'eredità umana di una tragedia in cui gli uomini erano ridotti a "pezzi". Presentato al Torino Film Festival, Dov'è Auschwitz? attende di essere distribuito nelle scuole: "È questa la ragione ultima del progetto" dice Calopresti, che sta ultimando un secondo documentario sull'Olocausto per la Shoah Foundation di Steven Spielberg. "Ogni singolo reduce andrebbe filmato – prosegue il regista – affinchè la sua parte di tragedia non vada dispersa". La memoria del dolore è l'unico antidoto al perpetuarsi del male.