Raramente è dato vedere tanti contributi di grandi creatori quanti ne offre lo spettacolo del Teatro dell'Opera di Roma interamente dedicato a Igor Stravinskij. Del musicista russo vengono accostate due espressioni diverse del suo genio, quello dell' operista in Oedipus Rex del 1927, e quello del compositore per la danza con L' uccello di fuoco che è precedente, dell'epoca in cui si rivelava con uno stile originale. Sono entrambe partiture ormai frequenti nei cartelloni di concerti ma che nella veste in cui nacquero mostrano potentemente l'apertura di orizzonti verso cui muoveva la creazione stravinskiana. Oedipus, dato per la prima volta in forma concertistica a Parigi nel 1927, l'anno dopo, a Vienna e Berlino, ebbe il debutto in teatro. Come tale, proprio nel '28 doveva inaugurare a Roma il Costanzi - futuro Teatro dell'Opera - sotto la direzione dell'autore. Ma non se ne fece nulla, e passarono trentasei anni prima che sul palcoscenico del Costanzi se ne desse per la prima volta una messinscena eccezionale: regia di Luigi Squarzina, scene di Giacomo Manzù (lo scultore delle porte di S.Pietro), direzione musicale di Antal Dorati. La rappresentazione fece epoca, tanto da entrare nella storia della scena lirica mondiale. Fortunatamente conservata e ricostruita da Gianfranco Padovani, per sei sere torna intatta all'Opera, tranne che per il direttore d'orchestra che è Zoltan Pesko, prestigioso esecutore di musica del Novecento. Rievocando quel 1964 il regista Squarzina ha sottolineato la profonda intesa con il "grande artista Manzù" nel rendere la monumentalità della struttura musicale come una "scultura in movimento", con il coro dei tebani in orchestra, "doppiati" sulla scena da 24 mimi. Un'idea che rende appieno la solennità del testo di Cocteau, tratto da Eschilo in versione latina volta in francese da Jean Daniélou, scandito su "arie" all'italiana legate da un narratore, che è per l' occasione Omero Antoniutti.
Anche per L'uccello di fuoco il Costanzi fu sede della prima italiana: nel 1917 quando venne qui Diaghilev con i suoi Balletti Russi, direttore Ernest Ansermet, coreografo Michel Fokine, scenografi e costumisti Golovin e Bakst. In questa realizzazione, e con Pesko sul podio, rivediamo ora lo storico balletto, allestito dall'Opera Nazionale Lettone, grazie anche alla ricostruzione coreografica di Andres Liepa. E il Corpo di ballo dell'Opera, sotto la guida di Carla Fracci, si misura ancora una volta con un classico di rara esecuzione, forte e agguerrito nell'organico in un momento di incertezza sul futuro delle fondazioni liriche, particolarmente per i complessi di danza.