“Il cinema deve porre delle domande, scatenare dibattiti. È quello che cerco di fare in tutti i miei film. Adoro provocare. Bisogna affrontare tematiche difficili, ma senza essere retorici, arroganti. Il mio lavoro non lo faccio da sola, dietro di me c’è una squadra. La mia fonte di armonia è la cosceneggiatrice Elma Tataragic, che riesce a disinnescare l’isteria e a portare l’equilibro nel racconto. Sono macedone, quindi mi piace dedicarmi ad argomenti che mi sono vicini. E da qui nasce questa vicenda, che parla di noi, perché in fondo tutte siamo Petrunya”, spiega la regista Teona Strugar Mitevska, che presenta Dio è donna e si chiama Petrunya al Torino Film Festival. Arriverà nelle sale il 12 dicembre distribuito da Teodora Film.

Petrunya è giovane, disoccupata, bistrattata dai più. Ha il suo momento di gloria durante una cerimonia ortodossa riservata soltanto agli uomini. Si butta nel fiume, e recupera prima di tutti gli altri la croce di legno, simbolo di prosperità per l’anno venturo. Ma la comunità non accetta il suo gesto. La polizia la cerca, i ragazzi del luogo la aggrediscono. Solo una giornalista sembra sostenerla, sfidando anche la volontà dei suoi capi.

“È tutto vero, abbiamo inventato pochissimo. È successo cinque anni fa. Mia sorella Labina Mitevska, che produce questo progetto e interpreta la reporter, era rimasta stupita da come i quotidiani riportavano la notizia: una storia buffa, di colore. Abbiamo capito che dovevamo farla conoscere, darle importanza”, aggiunge Mitevska, che fa parte della giuria ufficiale del Concorso. Inoltre il Festival le ha anche dedicato una retrospettiva.

La protagonista di Dio è donna e si chiama Petrunya è l’attrice Zorica Nusheva. “Petrunya è bellissima, anche se tutti le dicono che è brutta. Siamo troppo fissati con l’aspetto fisico, dobbiamo imparare a guardarci intorno, ad abbracciare la diversità, a capirla. Mi sono innamorata della forza silenziosa di Zorica. È una qualità che io non ho”.

La religione è un tema centrale. “Prima di iniziare una sceneggiatura, mi piace scrivere subito il titolo. E questa volta era qualcosa che mi portavo dentro dall’infanzia. Non ho mai capito perché Dio debba essere per forza un uomo. Un po’ di tempo fa stavo girando un documentario su Madre Teresa. Sono andata a Roma, a San Pietro, a intervistare un cardinale. Ci siamo addentrati nella teologia, nel senso dell’esistenza. Ero molto emozionata. A un certo punto gli ho detto che tra cinquant’anni magari saremo pronti per una papessa: l’intervista è finita subito. Nella Bibbia non c’è scritto che non possiamo avere ruoli di rilievo, ma in pratica è così. E da donne dobbiamo lottare per i nostri diritti, anche nella società religiosa.