"La vera novità del cinema israeliano degli ultimi dieci anni è l'inedita compresenza di molte voci dissonanti, di soggettività che dialogano tra loro fuori dalla monolitica voce dell'istituzionalità integralista". Così Raphael Nadjari nel corso della tavola rotonda sul nuovo cinema israeliano svoltasi questa mattina al Cinema Teatro Sperimentale di Pesaro. Giovanni Spagnoletti, direttore della Mostra pesarese, ha aperto i lavori descrivendo la parabola ascendente che il cinema d'Israele ha intrapreso a partire dalla fine degli anni novanta del Novecento. Ariel Schweitzer, critico cinematografico tra gli organizzatori della rassegna sul "Nuovo cinema israeliano", ha specificato poi i tempi e i modi di un rigoglio ormai internazionalmente riconosciuto: "All'inizio degli anni Novanta il cinema israeliano era in crisi, produceva non più di cinque o sei film all'anno. Se il nuovo millennio ha visto la crescita e la maturazione estetica e produttiva del cinema d'Israele è stato grazie al forte sostegno economico deciso dai vertici dello stato, insieme a una nuova politica di alleanze strategiche, prima delle quali quella con la Francia". Maurizio G. De Bonis, curatore della rassegna insieme a Schweitzer, ha aggiunto che "il nuovo cinema israeliano non è solo giovane, politicamente ed esteticamente maturo e consapevole, è forse prima di tutto femminile, fatto da registe donne". Tra i registi presenti alla tavola rotonda anche il promettente Danny Lerner, autore dell'esordio Frozen days (2005), film a bassissimo budget (25000 dollari) perfetto rappresentante di questa nuova generazione cinematografica, in cartellone questa sera.