Applausi a scena aperte al termine della proiezione per la stampa di Il treno va a Mosca, il documentario che Federico Ferrone e Michele Manzolini hanno presentato in concorso a Torino 31. Non un racconto obiettivo della realtà attraverso le riprese dal vero, ma un'operazione complessa, che appartiene al filone sempre più alla moda ed artisticamente fecondo del found-footage.
Ci hanno messo tre anni i due giovani filmaker (Ferrone è un classe '81, Manzolini '80) per recuperare, selezionare e ri-montare la mole di pellicole amatoriali conservati presso la Home Movies emiliana (Archivio Nazionale del Film di Famiglia), concentrandosi in particolare sugli 8 mm girati da un barbiere comunista di Alfonsine (Ravenna), Sauro Ravaglia. Prima barbiere e poi ragioniere, Sauro si iscrive a 13 anni alla FGCI (Federazione Giovani Comunisti Italiani), di cui diventa il presidente nel '53: "Per Sauro, come per molti della sua generazione - raccontano i due registi - l'utopia non era solo un'idea politica ma una prospettiva che quasi si poteva toccare con mano, Per noi che siamo cresciuti in un'epoca in cui non si sogna più una società ideale, fare un film come questo è un tentativo di far riaffiorare quel desiderio di utopia che, anche solo per motivi anagrafici, non abbiamo mai sentito come nostro".
'Il treno va a Mosca' racconta sostanzialmente il viaggio che, nel '57, Sauro e la FGCI (Federazione Giovani Comunisti Italiani) intrapresero alla volta della capitale sovietica in occasione del Festival mondiale della Gioventù. Le immagini inedite, private, ci restituiscono la semplicità e gli entusiasmi di quegli italiani vissuti alla metà degli anni '50. Sono gli anni di Togliatti e dell'ancora immacolata propaganda sovietica. Sono anni soprattutto di desideri, ardori, voglia di ripartire dalle macerie del dopoguerra: "La traiettoria di Sauro - continuano gli autori - è una parabola eccezionale della militanza, dall'utopia alla sua fine. Eccezionale soprattutto perché la disillusione, per lui, non è stata un motivo di ritrattare gli ideali con cui è cresciuto bensì un momento di passaggio e maturazione, trasformatosi poi in uno stimolo a continuare a viaggiare, cosa che ha fatto per tutta la vita".