E' ovviamente "felicissimo" Emanuele Crialese, ma non sorpreso. Raggiunto telefonicamente da Cinematografo.it, il regista di origini siciliane si ritrova nel parere espresso dalla commissione che ha selezionato il suo film per la corsa italiana all'Oscar straniero, ammettendo con candore che Terraferma "è probabilmente il titolo che meglio ci rappresentava in America". Il che non vuol dire che fosse anche il migliore della lista degli otto: "Liberiamoci dal concetto di gara - è l'invito di Crialese -. E' una scelta di opportunità che riguarda solo ed esclusivamente l'avventura americana". E aggiunge: "Non voglio paragonare Terraferma ai lavori degli altri. Moretti è un regista che seguo da quando avevo 20 anni e Martone ha fatto un film importantissimo (Noi credevamo, ndr). Solo che i criteri di scelta non afferivano solo alla qualità. Bisognerebbe chiedere lumi ai membri della commissione. Io non ero con loro".
Superato il primo scoglio, Terraferma - prodotto da Cattleya e Rai Cinema in collaborazione con Sensi/Cinema - Regione Sicilia - dovrà ora affrontare l'insidiosissima traversata che lo separa dalla fatidica "lista dei cinque", quella da cui sono stati esclusi i nostri candidati dal 2006 in poi. Crialese stesso ha già provato lo scotto della bocciatura in passato: nel 2005 il suo Nuovomondo, scelto dalla commissione allora incaricata, fu rispedito a casa senza raggiungere le nomination finali. In ogni caso i programmi del regista e del suo lavoro da domani sono destinati a cambiare: "Dovremo far conoscere meglio il film negli Stati Uniti. Partecipare ai festival locali a cui prima non avevamo pensato". Difficile invece stabilire quali saranno gli effetti sulla sua performance in sala, finora piuttosto deludente (poco meno di 1 milione di euro d'incassi in tre settimane): "Spero che ora resista un po' di più nei cinema - è l'auspicio del regista -. Terraferma è un'opera che potrebbe trarre vantaggio dal passaparola. Inoltre, sul suo andamento commerciale ha pesato l'uscita nella prima settimana di settembre, quando ancora in Italia ci sono belle giornate, le scuole sono chiuse, e la gente preferisce andare al mare".
Crialese, che non ha visto nessuno dei film concorrenti degli altri paesi ("Ci sono periodi, anche di 5-6 mesi, in cui non vedo niente, non vado al cinema", confessa), si sofferma infine sugli ultimi fatti di cronaca che hanno interessato Lampedusa - la rivolta dei tunisini nel centro di accoglienza e lo scontro con la popolazione locale - e che sembrano venire fuori direttamente dal suo film: "Si chiama esasperazione - dice -. Lampedusa non era attrezzata per dare assistenza a tutta questa gente. E i centri sono buoni forse per soccorrere gli immigrati nelle prime ore, non certo per ospitarli a tempo indeterminato". Lo Stato italiano ha lasciato da sola l'isola? "Andrebbe fatto un discorso più profondo, che parta da quello che Lampedusa può fare per l'Italia. E' una terra piccola, sperduta, priva di strutture ospedaliere fondamentali. Non dimentichiamoci, e con Nuovomondo avevo raccontato proprio questo, che gli americani avevano costruito un'isola artificiale per accogliere i nostri migranti. Ellis Island era un'isola spopolata. Fa una bella differenza, no?".