“Il negazionismo non muore mai. Continua a vivere negli ideali di alcuni piccoli gruppi, ma di sicuro è diminuito dopo l’importante processo di cui narra il film. Il caso di David Irving è un caso di razzismo, di antisemitismo. Se si sostiene che l’Olocausto non esiste, si tende a negare l’ideologia ariana di Hitler, quindi si rifiuta la discriminazione che ha caratterizzato la Germania della Seconda Guerra Mondiale. Vogliamo dimostrare che questo modo di pensare è assurdo: quelle di Irving erano solo menzogne, non opinioni”. Sono le parole di fuoco di Deborah E. Lipstadt, interpretata da Rachel Weisz, che con il regista Mick Jackson presenta Denial, in italiano La verità negata, alla Festa del Cinema di Roma 2016. Il film sarà nelle sale dal 17 novembre distribuito da Cinema.

La storia racconta della battaglia della Lipstadt, professoressa di studi ebraici moderni e dell’Olocausto all’Emory University di Atlanta, contro il famoso teorico del negazionismo David Irving. Dopo la pubblicazione di Denying The Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory, l’autore britannico la trascina in tribunale accusandola di diffamazione. Lui nega il massacro del popolo ebreo, lei difende le sue origini. La lotta per la Storia va in scena in un’aula di tribunale, e il regista non condivide questa scelta: “Irving ha sbagliato a ricorrere a un processo. Non aveva pensato che, alla fine, ci sarebbe stata una sentenza ufficiale, scritta su carta. Il giudice, per fortuna, gli ha dato del bugiardo, altrimenti questo documento avrebbe rappresentato per sempre il trionfo della menzogna. In questo film la parola vince contro tutti”.

Ormai, qui a Roma, una domanda sulla politica non può mancare, e anche questa volta si parla di presidenziali. “Irving e Trump hanno qualcosa in comune. Quando abbiamo iniziato a ragionare su La verità negata, cinque anni fa per me e otto per i produttori, si era pensato al negazionismo per diversi temi, come il cambiamento climatico o la teoria dell’evoluzione, ma più ci siamo avvicinati alle elezioni più la strada è stata chiara. È un film di grande attualità, perché esiste ovunque un candidato di questo tipo”.

Jackson cede la parola a Deborah Lipstadt, che prosegue: “Adesso il motivo per cui ho deciso di combattere è chiaro: sapevo di non potermi tirare indietro, altrimenti qualsiasi momento storico poteva essere messo in discussione. Ci sarà sempre qualcuno che vuole negare le verità scomode, infatti c’è chi sostiene che l’11 settembre sarebbe stato organizzato dalla Cia, con l’aiuto del Mossad. Ci sono libri che avallano questa tesi, e alcuni sono anche bestseller”.

Infine la professoressa americana lancia un messaggio: “Io mi rivolgo a coloro che conoscono il dolore di chi è stato deportato. Non è solo una questione di verità scomode, ma di coscienza comune”. Il richiamo alla riflessione è forte, e ancora una volta la Grande Storia vive nelle parole di una guerriera moderna.