Tra i molti film inseriti nella rassegna sul cinema russo contemporaneo, nell'ambito della 46ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Yar, secondo lungometraggio della regista Marina Razbezhkina, ammalia lo spettatore con atmosfere rarefatte ed una storia divisa tra il favolistico e il mitologico ed un realismo di tradizionale e atavica ordinarietà. Tratto da un racconto di Sergey Yesenin, siamo all'inizio del ventesimo secolo, in un villaggio dove è d'uso tenere una cerimonia in cui le donne si svestono e camminano per i campi, nella nebbia del primo mattino, per scacciare i demoni. In questo contesto, il breve matrimonio combinato tra Anna e Kostya si interrompe bruscamente quando lui la scopre a letto con un altro; decide allora di lasciare il villaggio mentre tutti pensano che sia annegato nel Volga.
Yar si inserisce perfettamente in quel filone di rinnovamento che sta portando il cinema russo verso un'attenzione maggiore all'uomo comune e alla sua quotidianità, come ha avuto modo di sottolieare la stessa regista nel corso della tavola rotonda pesarese incentrata proprio sulla nuova cinematografia del Paese. Suggestivo e dal ritmo lento e avvolgente, accompagna  lo spettatore verso l'incontro con quegli stessi demoni continuamente evocati e che difficilmente allentano la presa, faticosi da disperdere. Un luogo, fisico e metafisico, infossato nelle pieghe dell'anima e che incatena le persone: se decisono di andar via, sono condannate.