Antonio Augugliaro, regista de Io sto con la sposa, si lancia in una nuova avventura passando dalla macchina da presa al circuito distributivo, con la GinaFilms. L’opera, diretta da Suranga D. Katugampala, s'intitola Per un figlio, viene presentata oggi, 21 marzo (in concomitanza con la Giornata Mondiale contro il razzismo) e sarà nelle sale a partire dal 30 marzo.

Sunita (Kaushalya Fernando), donna cingalese di mezz’età emigrata in Italia, divide le sue giornate tra il lavoro di badante e il figlio adolescente (Julian Wijesekara). Fra loro regna un silenzio pieno di tensioni. È una relazione segnata da molti conflitti. Essendo cresciuto nella provincia veneta, il figlio fa esperienza di un’ibridazione  culturale difficile da comprendere per la madre, impegnata a lottare per vivere in un Paese al quale non vuole appartenere.

“Sono lieto di essere distributore di questo piccolo gioiello” – esordisce Augugliaro – “la scelta parte dal mio innamoramento verso questo film. Per me i numeri contano poco e le emozioni tanto. Per un figlio mi ha emozionato particolarmente, tanto da convincermi a cimentarmi in quest’avventura. È un film nel quale mi sono riconosciuto molto”.

Goffredo Fofi, rinomato critico cinematografico che ha supportato il progetto sin dal principio, lo ha definito “un film che segna una data importante nel cinema italiano”. Presente all’anteprima capitolina, Fofi ha aggiunto: “Credo che questa seconda generazione di immigrati alla quale Suranga appartiene possa concretamente contribuire a un processo di svecchiamento di questo Paese. Ho supportato il progetto in quanto si tratta di un film che non mira a dare risposte, è privo di morali e rimane aperto. Alla base di questo film inoltre vi è un’analisi delle contraddizioni. È un’opera dalla quale si può imparare molto sulla società italiana e sul futuro del cinema di casa nostra”.

Dopo aver realizzato diversi cortometraggi sperimentali, aver diretto una webserie e aver lavorato per il piccolo schermo, Suranga D. Katugampala dirige il suo primo lungometraggio con l’intento di “tornare indietro, ma con consapevolezza”. In merito alla sua esperienza da immigrato, il filmaker dichiara: “Mi piace tenere dei legami fermi col mio Paese d’origine. Questo mi permette di avere uno sguardo differente sul mondo. Riabbracciare le mie origini era la cosa che mi premeva particolarmente e, non a caso, la scelta del cast tecnico e artistico lo rivela. Sto notando, tramite le varie proiezioni, che il popolo cingalese si riconosce in questo film. Gran parte della popolazione del mio Paese d’origine cerca un ponte di comunicazione con l’Italia e, personalmente, ritengo che questo ponte siamo noi appartenenti alla seconda generazione”.