(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Dopo la caduta di Saddam Hussein ho pianto di gioia. Ma ci sono in giro ancora molti piccoli Saddam". A parlare è il regista curdo Hiner Saleem, al festival di Cannes per presentare in concorso Kilometre zero. Ambientato nell'Iraq del 1988, il film racconta la storia di Ako, un trentenne curdo, costretto ad abbandonare la moglie e il figlio per prendere parte alla guerra contro l'Iran. A lui viene assegnato il compito di scortare le spoglie di un "martire" della guerra per riconsegnarle alla famiglia. "Tutti i miei film sono in parte autobiografici - spiega Saleem, vincitore a Venezia del Premio San Marco con Vodka Lemon -. La storia di Kilometre zero ha origine dalla vicenda di mio fratello: un giorno che era uscito a comprare il pane, è stato arrestato dagli iracheni e portato alla frontiera con l'Iran in piena guerra". Saleem è fuggito dall'Iraq all'inizio degli anni Novanta: "Ora posso dirlo che ho disertato nella guerra del Kuwait nel '91. Sono rientrato clandestinamente nel Paese solo dopo la caduta di Saddam". Il regista difende fino in fondo l'attacco americano in Iraq e definisce ingenui quegli intellettuali che parlano di tradimento dell'Occidente: "Sono rimasto scioccato nel vedere l'unanimità quasi sovietica con cui in Europa è stato criticato l'intervento. Ancora oggi troviamo sacchi con le ossa di bambini che risalgono a molti anni fa e non sappiamo di chi sono. Cercate di capire cosa ha significato per noi la missione di Bush  in Iraq". Il Kurdistan oggi è in piena fase di ricostruzione, spiega Saleem. "Quando ci sono rientrato per la prima volta c'erano solo tre o quattro città ancora in piedi. Poi ho visto un pastore che aveva ancora i suoi animali e ho capito che la vita poteva ricominciare". E la democrazia? "Il popolo iracheno non è stato educato alla democrazia e alla tolleranza, non è facile impararle senza l'aiuto di tutti i Paesi di buona volontà".