"La vita oltre il cinema". E' questa la parola d'ordine di Abdellatif  Kechiche, che porta in sala Cous cous (titolo originale La graine et le mulet), Gran premio della giuria e premio miglior attrice rivelazione ad Hafsia Herzi all'ultima Mostra del Cinema di Venezia. Dopo Tutta colpa di Voltaire (esordio al Lido, Settimana della Critica, nel 2000) e La schivata, è l'opera terza del regista francese, distribuita da Lucky Red dall'11 gennaio in 30 copie, di cui almeno tre in versione originale sottotitolata. Straordinario successo in Francia (Prix Louis Delluc, grande favorito ai prossimi Cesar e copie lievitate da 90 a 150 dopo tre settimane di programmazione), considerato da pubblico e critica il vincitore morale della Mostra, Cous cous nasce dalla volontà di "parlare del milieu mediterraneo, di una famiglia francese di origine araba per la quale sento una grande affinità. Ho cercato - dice Kechiche - una rappresentazione autentica del quotidiano della comunità, senza far scattare i cliché, evitando di ricorrere alla spettacolarizzazione o ai fatti di cronaca: ho cercato il miracolo della vita sul set". "Ho conferito - prosegue il regista - a questa famiglia il diritto a una dimensione romanzesca e contemplativa, mostrando quello che più mi tocca: la vita al di sopra dell'artificio cinematografico: al di là del piacere di filmare, credo sia questa la mia cifra cinematografica. Il cous cous è come la pizza o la pasta per voi italiani: qualcosa che i personaggi possono condividere, una dimensione identitaria di solidarietà e unione". Per quanto riguarda la realizzazione del film, Kechiche dice: "Ho avuto bisogno di provare a lungo - la mia formazione è teatrale - affinché gli attori si sentissero davvero una famiglia. Per creare la giusta atmosfera fondamentale è stata la musica: la vita era lì, e ho cercato di coglierla. Ma mi imbarazza parlare di improvvisazione, preferisco piuttosto definirla libertà, quella che permette agli attori di appropriarsi del testo e del personaggio, sentendosi parte di una grande famiglia e perdendo le inibizioni". Una "energia vitale" che emana da attori non professionisti, chiamati a interpretare personaggi distanti dalle loro reali attività: a intraprendere la carriera d'attore è stata solo la splendida Hafsia Herzi, che nel film veste i panni della figlia acquisita del protagonista Slimane (Habib Boufares), operaio navale che sogna di aprire un ristorante di cous-cous. "Ero così contenta di essere stata presa per questa parte - dice la Herzi - che anche dover ingrassare di 15 chili non è stato un problema". "Per me - aggiunge l'attrice - è importante perdermi completamente nel personaggio, dimenticare me stessa per entrare in lui". "E' la tecnica delll'attore istintivo - ribatte Kechiche - peculiare a tanti interpreti italiani come la Magnani, capaci di portare sullo schermo il mistero incomprensibile della vita". Anche per questa irrefutabile dichiarazione d'amore al cinema italiano, il mancato Leone d'Oro è ancora una ferita che brucia al regista: "Una delusione che non dimenticherò mai, mi sento figlio di Venezia (cfr. l'esordio Tutta colpa di Voltaire, NdR) e la ritenevo la vetrina più adatta per questo film". Dedicato al padre del regista e a due attori, tutti e tre scomparsi durante le riprese ("Dopo la morte dell'attore protagonista, fu proprio mio padre a suggerirmi di rimpiazzarlo con Boufares, che definiva "uomo di fiducia""), Cous cous potrebbe essere seguito da "un film d'epoca ambientato nel XVII secolo: ho voglia di rottura, ma è un progetto molto costoso e devo trovare i finanziamenti", conclude Kechiche.