(Cinematografo.it/Adnkronos) - Chi vuole fare cinema "deve avere molta voglia di rischiare" ma "se credono che sarà il 3D a risolvere i problemi si sbagliano". E' il pensiero del regista premio Oscar Francis Ford Coppola, da ieri nel capoluogo piemontese per il Torino Film Festival nell'ambito del quale questa sera ricevera' il Gran Premio Torino per la sua casa di produzione, la American Zoetrope, fondata una quarantina di anni fa a San Francisco insieme ad alcuni amici fra cui il suo collega George Lucas. Nella conferenza stampa di oggi il cineasta italoamericano autore di capolavori come la saga de Il padrino e Apocalypse Now ha parlato del suo cinema, del futuro della settima arte che, secondo lui, sarà il digitale, dei contrastati rapporti con la grande industria cinematografica americana e del suo ultimo film, Segreti di famiglia, presentato in anteprima proprio al festival torinese diretto da Gianni Amelio.
Parlandone, Coppola ha sottolineato che "il bianco e nero e' una bellissima forma non solo cinematografica ma ancora prima fotografica". Da qui "l'attacco" all'industria del cinema americana. "Il cinema - ha detto il regista - è qualcosa che appartiene a tutto il mondo, le innovazioni possono nascere in ogni momento e in qualsiasi paese, è un essere umano vivo un po' selvaggio e imprevedibile e ci mette a disposizione tantissimi tesori solo che i pezzi grossi dell'industria cinematografica non amano più tanto il bianco e nero e pongono delle regole su cosa si può fare e cosa no". "E' triste - ha proseguito Coppola - che il cinema, che è un'arte che offre una tale varietà di generi e mezzi, sia di fatto limitato dai capitani dell'industria cinematografica che vogliono restringere sempre di più' queste possibilità e una delle ultime limitazioni che sono state imposte è quella che in America non si possono fare film drammatici, ma solo film d'azione, film con supereroi o un po' volgari e in base alla logica del profitto le scelte si restringono sempre di più".
Per Coppola, che ha poi spiegato di aver scelto il bianco e nero "perché secondo me si addiceva di più a un film in cui volevo ci fosse del realismo poetico", il futuro del cinema "è digitale, elettronico". Su questo punto il regista ha fatto riferimento quasi a uno "scontro generazionale" fra i sostenitori del digitale e quelli della pellicola. "E' singolare - ha detto - vedere che mia figlia si rifiuta di usare il digitale. Forse c'è una voglia di non lasciare andare i cento anni del cinema che abbiamo alle spalle, ma io sono di un'altra generazione e tutto questo l'avevo previsto e sono sereno nel dire che il futuro è il digitale. Ovviamente - ha aggiunto- stiamo parlando di una tecnologia applicata al cinema che continuerà sempre ad esistere. Il cinema - ha proseguito ancora - è una lingua e come tale soggetta a dei cambiamenti e quindi tra 30 o 40 anni il linguaggio cinematografico sarà profondamente cambiato rispetto ad oggi".
Coppola ha poi raccolto l'applauso del pubblico di giornalisti presenti alla sua conferenza stampa quando ha detto no al doppiaggio e sì ai film in lingua originale sottotitolati. "Amo sentire gli attori recitare nella loro lingua", ha sottolineato il regista de Il Padrino secondo cui "così come è criminale che un direttore di un'emittente televisiva imponga di non usare il bianco e nero allo stesso modo è criminale che l'industria cinematografica non sia disponibile a distribuire in America film con sottotitoli che invece il pubblico ama vedere come dimostra La tigre e il dragone in lingua originale. Credo sia soltanto una proibizione dei nemici del cinema".
Parlando ancora del suo ultimo film e delle analogie con un altro suo capolavoro in bianco e nero Rusty il Selvaggio, Coppola ha ricordato che nel film che lanciò Matt Dillon e Mickey Rourke "l'aspetto del rapporto fra i due fratelli era molto autobiografico perché io ho sempre avuto una grande ammirazione per mio fratello maggiore. E' un film che mi è piaciuto moltissimo fare e forse non avevo esaurito l'argomento e ho voluto svilupparlo e approfondirlo con questo mio nuovo lavoro il cui protagonista doveva essere interpretato proprio da Matt Dillon ma per problemi di produzione non è stato possibile". Parlando dei film che lo hanno segnato, Coppola ha citato Ottobre di Eyzenstein. "Ero uno giovane studente di teatro e volevo diventare commediografo e capitai alla proiezione di Ottobre. Era un film complicato, in sala saremmo stati in tre, ma io ricordo che pensai di non aver mai visto niente del genere fino a quel momento. Ho subito capito l'alchimia che consente il montaggio, mi ha affascinato e uscito dalla sala ho deciso di lasciare la scuola di teatro e dedicarmi al cinema". Inevitabile, infine, una domanda sul suo rapporto con l'Italia. "Mi sento profondamente italiano", ha detto Coppola ricordando di avere tre nonni napoletani e uno della Lucania. "Inoltre sento la forza che gli immigrati hanno dato agli Stati Uniti - ha detto ancora Coppola - che se sono un grande paese è perché la popolazione è al cento per cento immigrata". Infine una domanda sui progetti futuri. "Cosa devo dire? - ha tagliato corto - perche' dovrei parlarne qui?".