Sicko, il contagio è iniziato. Quale sarà la risposta dell'industria farmaceutica al documentario sul sistema sanitario americano di Michael Moore, fuori concorso al prossimo festival di Cannes e in uscita nelle sale Usa il 29 giugno? A chiederselo è la Bibbia del cinema Variety e più in generale i media statunitensi, incuriositi dal potenziale distruttivo del filmaker di Fahrenheit 9/11. Certo è che alcuni health care groups hanno cercato di ostacolare la realizzazione del film assoldando opinion makers per porre un veto alla visione di Moore: contrattacco presto abortito perchè avrebbe fatto gioco allo stesso regista. All'approssimarsi della release, comunque, molti gruppi farmaceutici sono insorti. Ken Johnson, della Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, ha dichiarato: "Un'inchiesta sul sistema sanitario americano dovrebbe essere bilanciata, consapevole e documentata per evidenziare quanto funziona e quanto deve essere migliorato. Qualità che non appartengono a Michael Moore". Sulla medesima lunghezza d'onda è America's Health Insurance Plans, il maggior gruppo di assicurazioni sulla salute, che tramite la portavoce Susan Pisano ha fatto sapere: "Michael Moore è un entertainer hollywoodiano molto noto, e il suo film riscuoterà vasta attenzione, ma la nostra premura è quale ritratto della sanità uscirà". Con la proliferazione di serial TV sui medici, il gruppo ancora nel 2002 ha ingaggiato la William Morris Agency per curare e tutelare la propria immagine: "Siamo pronti a intervenire in tutte le discussioni che Sicko potrà suscitare", promette la Pisano. Dall'altra parte, la produzione dei fratelli Weinstein ha assoldato quale stratega Chris Lehane, portavoce di Al Gore per la campagna presidenziale del 2000. Sicko è pronto a mietere le sue vittime: le case farmaceutiche sapranno trovare l'antidoto?