Secondo appuntamento con gli incontri organizzati da Film Commission Torino Piemonte per avvicinare gli appassionati di cinema ai mestieri e alle fasi di lavorazione di un film.
Tema del giorno, la sceneggiatura cinematografica; a parlarne professionisti della penna come Marco Martani (Notte prima degli esami), Gino Ventriglia (docente del Centro Sperimentale di Cinematografia), Fabio Bonifacci (Benvenuti al Nord e Si può fare), Heidrun Schleef (La stanza del figlio e Il caimano) e Leonardo Staglianò (scrittore e sceneggiatore emergente).
Tutti i presenti sono concordi nell'imputare alla propria categoria una mancanza di coraggio nel proporre nuove soluzioni e nello sperimentare strade nuove. La più decisa in tal senso è la Schleff: “I contenuti delle storie che scriviamo si sono impoveriti negli ultimi vent'anni a causa di un imbavagliamento a cui ci siamo noi stessi costretti; non osiamo scrivere di alcuni argomenti perché sappiamo che ci esporremmo a dei rifiuti... Dovremmo essere più aggressivi, ma abbiamo paura”.
Si associa a questa amara, ma onesta, riflessione Marco Martani: “Si ha anche paura del giudizio del pubblico e questo porta a riproporre sempre quel che piace, per esser certi del successo;” e aggiunge “Certo, anche se fossimo coraggiosi e originali, non cambierebbe nulla se non ci fosse una voglia di scommettere anche da parte di network e produttori”.
Un esempio molto chiaro di questa mancanza di inventiva e lungimiranza è offerta da Fabio Bonifacci: “Anni fa avevo scritto una buona sceneggiatura che aveva per protagonisti due ragazzi affetti da distrofia; era uno script interessante: si rideva e ci si commuoveva. Nessun produttore ha voluto scommetterci; tutti mi dicevano che se il pubblico avesse visto una sedia a rotelle, non sarebbe andata al cinema. Credo che il successo di Quasi amici gli abbia fatto capire che si sbagliavano!”.
Il più giovane del tavolo, Leonardo Staglianò, appena tornato in Italia dopo due anni di studi in sceneggiatura a New York, spiega cos'ha imparato da questa esperienza: “Bisogna avere una sana arroganza e pensare che si possa scrivere qualcosa di buono che piaccia a chi investe nel cinema” ribatte in modo fermo (ma forse un po' ingenuo), e  continua “Sta alla mia generazione il compito di individuare il nuovo gusto, ciò che piacerà nei prossimi anni, e iniziare a introdurlo già oggi senza dimenticare le regole e la tradizione che sono proprie di questo lavoro”.
Problema quest'ultimo affrontato nell'ultima parte della conferenza, durante la quale emergono inquietanti particolare sui “giovani autori” che dovrebbero rappresentare il cinema italiano del futuro: si accenna al fatto che alcuni degli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia non conoscano il modello aristotelico della struttura in 3 atti; il Premio Solinas - uno dei più ambiti riconoscimenti assegnati alla scrittura per il cinema in Italia - non è stato assegnato nel 2012, dato che non uno dei 25 finalisti ne è stato considerato all'altezza; i giovani - neppure coloro che studiano cinema - hanno più la pazienza di guardare film, poiché troppo poco interattivi.
Se queste sono le basi, attendiamoci un futuro di adattamenti, sequel e reboot.