A John Wayne Il grinta valse l'unica statuetta della sua carriera, allora quasi al tramonto. A Jeff Bridges per ora una nomination e l'onore di aprire la 61ma edizione del festival di Berlino (10-20 febbraio), per il “non remake” dei fratelli Coen (citazione loro) del western tratto dal romanzo di Charles Portis, Un vero uomo per Mattie Ross, in uscita a febbraio (in America è andato oltre alle aspettative al box office). “Era l'unico possibile per quel ruolo” hanno detto i Coen. Per la fisicità prorompente ma anche (aggiungiamo noi) per quell'aria sorniona che lo rende assolutamente perfetto nella parte dello sceriffo federale Reuben Cogburn. Pancia in fuori, spalle curve, benda sull'occhio, il più cattivo di tutti: 23 uomini uccisi in 4 anni di servizio. Ma Cogburn oltre al grilletto facile, ha un cuore d'oro (come si scopre alla fine del film), che lo spinge ad assecondare la richiesta della quattordicenne Mattie Ross (bravissima Hailee Steinfeld): trovare il vigliacco (Josh Brolin) che ha ucciso a tradimento suo padre. Con l'aiuto del sergente LaBoeuf (Matt Damon).
Mister Bridges sente qualche affinità con il protagonista?
Beh, intanto non sono un duro (ride). Anzi sono l'opposto, non sono né burbero né solitario, amo la gente. Reuben Cogburn è un personaggio affascinante. All'inizio è scorbutico, un orso. Poi cambia, incomincia a parlare di se stesso, probabilmente è affamato di compagnia e non solo d'alcool.
Rifare Cogburn dopo John Wayne e l'Oscar è stato difficile?
La prima cosa che mi hanno detto i Coen è stata: “Non facciamo un remake del Grinta. Ma ci basiamo esclusivamente sul libro di Charles Portis.  Così ho letto Un vero uomo per Mattie Ross (appena uscito col titolo Il Grinta, Giano editore, ndr) e ho capito che cosa volevano dire. E' una storia meravigliosa e soprattutto nelle loro corde. Perciò non ho fatto riferimento alla versione originale del film.
Lei ha lavorato con molti grandi registi. Che cosa hanno di tanto speciale i Coen?
Ognuno è diverso e unico allo stesso tempo, però è vero i fratelli Coen mi piacciono molto. Sul set c'è un'atmosfera rilassata, si circondano di persone con cui hanno lavorato spesso, e questo contribuisce a creare un ambiente piacevole, quasi famigliare.
Matt Damon ha detto sì prima ancora di leggere lo script. E' stato lo stesso per lei?
La prima volta che ne ho sentito parlare ero nel bel mezzo di Tron. Quando mi viene offerta una parte mentre ne sto interpretando un'altra, si crea nella mia testa un po' di confusione. Soprattutto se è interessante. Ma sapevo che l'avrei fatto, non vedevo l'ora di tornare a lavorare con i Coen.
Ci sono molte cavalcate nel Grinta. E' stato divertente?
Molto. Ho un ranch nel Montana e mi piace andare a cavallo. Però non è stato tanto semplice: è vero che ho una certa esperienza ma non con le redini tra i denti, due pistole e un occhio bendato!
Il suo western preferito?
Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann, e non solo perché c'è mio padre (Lloyd Bru Bridges, ndr). Ma mi piacciono anche tutti i film di John Ford e Howard Hawks.
Lei è sposato da 33 anni, quasi un record di questi tempi…
E' stato amore a prima vista. Stavo facendo un film nel Montana, circa 36 anni fa. Durante una scena guardavo una ragazza bellissima. Non potevo levarle gli occhi di dosso. Finalmente ho trovato il coraggio di chiederle un appuntamento e lei ha risposto no, poi ha aggiunto: “E' una città piccola magari ci rivedremo”. Così è stato: ci siamo rincontrati, innamorati e sposati.