"Questo è un riconoscimento importante, che premia il percorso di tutta la mia vita, 50 anni, nel cinema". Così il maestro Francesco Rosi illustra il proprio stato d'animo a poche ore dalla consegna del Leone d'Oro alla carriera, tributo che l'edizione 69 della Mostra di Venezia gli riserva oggi in Sala Grande, a partire dalle 14 con la proiezione de Il caso Mattei. "Il cinema civile non è una mia invenzione - spiega il regista di Salvatore Giuliano e Le mani sulle città - ma trova la sua origine nella gloriosa stagione del neorealismo italiano, che ha influenzato poi negli anni successivi la cinematografia di tutto il mondo, Stati Uniti compresi".
E proprio grazie agli Stati Uniti, nello specifico la Film Foundation di Martin Scorsese (con il sostegno di Gucci), quest'oggi sarà possibile ammirare Il caso Mattei nella versione restaurata: "Martin Scorsese ha sempre amato i miei film, proprio come io ho sempre apprezzato il suo lavoro - dice Rosi -. Poi una sera a Roma siamo diventati amici, quando lui venne in città con la madre, che parlava siciliano (molti la ricorderanno nel ruolo della madre di Joe Pesci in Quei bravi ragazzi, ndr), e abbiamo cenato tutti insieme". Rapporto con l'America che, proprio recentemente, ha visto il maestro al centro di una retrospettiva a lui dedicata: "Quando mi arrivò l'invito per parteciparvi - racconta ancora il regista - la cosa che mi colpì davvero era il titolo che c'era stampato sul biglietto, Citizen Rosi, evidenziando così la mia figura di cittadino chiamato a fare un mestiere che gli consente di poter partecipare alla vita pubblica del proprio Paese".
Paese, l'Italia, in cui i film di Rosi sembrano ancora drammaticamente attuali: "Non erano film che venivano fatti per risolvere i problemi, ma per testimoniare la strada che secondo me andava indicata al pubblico nei termini più accessibili. Il cinema lo permette, perché c'é un'identificazione oserei dire 'fisica' con i personaggi che vengono raccontati", dice ancora il regista, che spiega: "Il cinema è conoscenza e comunicazione, questo per la sua funzione di testimonianza e grazie all'incredibile rapporto che è in grado di stabilire con il pubblico. Non si può chiedere di più ad un film".
90 anni il prossimo 15 novembre, Francesco Rosi - che non realizza un film dal 1997 (La tregua) - ritiene sia giusto ricevere il Leone d'Oro alla carriera alla fine di questo percorso: "Con i miei film ho anticipato certe necessità di conoscenza sulle questioni economiche e politiche del nostro Paese. Ho fatto la mia parte, bisogna fare i conti con la propria forza, energia e volontà: Manoel de Oliveira, che di anni ne ha 103, ancora ce la fa".
Il Leone d'Oro sarà consegnato a Rosi da Giuseppe Tornatore: "Sono molto contento, anche perché insieme a lui sto preparando un libro che racconta tutti i miei film, dal primo all'ultimo".