"Avete presente quando rivedete una vecchia foto degli anni Ottanta, magari di una ragazza per la quale avete perso la testa? Per quanto bella possa essere la ragazza i vostri occhi, o almeno i miei, saranno attratti da un elemento particolare: le spalline! Le ragazze indossavano le orrende spalline, perché andavano di moda. E voi vi chiedete: ma come mai le spalline entravano nella mia vita ed io non dicevo nulla? Ecco, una domanda simile me la sono posta con Palermo, la città dove sono nato e cresciuto. Infatti, un giorno mi sono fermato e ho guardato indietro. E lì la domanda: ma come è possibile che a Palermo la mafia entrasse così prepotentemente nella vita delle persone e in pochi dicevano qualcosa?". Dalle note di regia di La mafia uccide solo d'estate, esordio dietro la macchina da presa di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif. Noto soprattutto per le sue incursioni televisive (da Le iene a Il testimone su MTV), lo showman siciliano si riallaccia ai suoi trascorsi da assistente alla regia per Zeffirelli (Un tè con Mussolini, 1998) e Marco Tullio Giordana (I cento passi, 2000) e firma uno dei film italiani più attesi della stagione, in oltre 200 sale dal 28 novembre con 01 (producono Wildside con Rai Cinema), previo passaggio al festival di Torino (22-30 nov.), dove gareggerà in concorso.
Ambientato a Palermo, tra gli anni '70 e gli anni '90, La mafia uccide solo d'estate - titolo quasi omonimo a quello scelto da Alfano per il suo libro d'esordio - è incentrato sul primogenito di una famiglia piccolo-borghese (Arturo, interpretato da Pif in età adulta e da Alex Bisconti quando è ancora un bambino) e ne segue le vicissitudini sentimentali (si innamora della compagna di classe, Flora, con la piccola Ginevra Antona e Cristiana Capotondi che si avvicendano nel ruolo) sullo sfondo dei fatti di sangue che sconvolgono la città durante il ventennio segnato dall'ascesa dei corleonesi di Totò Riina : "Abbiamo inventato la vita di Arturo, ispirata alla mia e a quella di Michele (Astori, uno dei tre sceneggiatori con Pif e Marco Martani, ndr) - dice Diliberto - e l'abbiamo incastrata con fatti realmente accaduti. Ho passato ore e ore alle teche RAI: è stata un'esperienza emozionante. E' incredibile quello che si può trovare lì". Rivediamo la triste sequela dei funerali di Stato, da quello di Dalla Chiesa a quello di Borsellino, i corpi senza vita di Boris Giuliano e di Salvo Lima, la Fiat 127 sbriciolata dal tritolo che pose fine alla vita di Rocco Chinnici, l'elezione di Vito Ciancimino, le dichiarazioni da "gelare il sangue" dei politici di allora, la rabbia dei cittadini palermitani dopo l'ennesima strage annunciata, il filo della memoria che si snoda doloroso davanti ai nostri occhi e si mescola alla leggerezza dei tormenti di Arturo, al delicato romanzo di formazione, all'ironia di un tormentato apprendistato amoroso.
"Se questa storia sorprende me, che allora c'ero - chiosa Pif - sorprenderà a maggior ragione chi allora non c'era o era troppo piccolo. Per attirare un pubblico giovane ho pensato di spacciarlo per un film di Natale, ma senza peti". L'equilibrio tra commedia e tragedia è uno dei punti di forza dell'operazione: ma si può ridere delle stragi di mafia? "Quando faccio le cose, non penso se sia giusto oppure no, le faccio e basta. Finché il mio modo di raccontare piace, non mi pongo il problema", taglia corto l'autore. Che di quegli anni si è fatto un'idea abbastanza precisa: "Riascoltando le dichiarazioni di Andreotti, capisci che non c'era bisogno d'indagini per capire come stavano le cose. Perché la gente non si ribellava? La maggior parte dei siciliani non era collusa, ma negava la pericolosità della mafia. Vivevamo in una bolla. Poi nel '92 ci siamo svegliati". E oggi? "La mafia appare meno potente di allora, ma lo Stato non deve sottovalutare i fenomeni criminali, soprattutto quando si sviluppano nel silenzio. La strategia di Cosa Nostra è quella che avrebbe voluto Provenzano già allora: agire senza farsi notare. Quella di Riina si è rivelata un autentico disastro.". Il futuro secondo Pif non è però così nero: "Ci sono tante belle realtà che mi confortano. A Palermo esiste un'associazione che si chiama Addiopizzo. Tra le altre cose attacca degli adesivi con la propria sigla nei negozi dei commercianti che non pagano il pizzo. Le indagini hanno dimostrato come questi adesivi scoraggino i mafiosi ad avvicinarsi a queste realtà. Ci tengo a dire che grazie a loro abbiamo girato quattro settimane a Palermo senza pagare il pizzo a nessuno. Queste associazioni nascono da una mentalità nuova, che appartiene alla mia generazione e che ha saputo rinnegare quella "rassegnata" dei nostri genitori". La stessa che, fino al '92, negava pure l'esistenza di Cosa Nostra. Eloquente il titolo di uno dei settimanali satirici di allora, Cuore, all'indomani dell'ennesimo fatto di sangue registrato a Palermo: "Salvo Lima come John Lennon: ucciso da un fan impazzito". Era il 13 marzo 1992.