Torino, ciak si parte. L'opera prima di Dustin Hoffman, Quartet, per inaugurare la 30esima edizione ieri sera al Lingotto. Fuori i sindacati di base a gridare Ken We Love You! e a mandare a quale paese il sindaco Fassino, dentro Claudia Gerini a far da scollatissima madrina: 1600 spettatori, un'apertura col botto, alla faccia delle contestazioni. Gianni Amelio non ritorna sul caso Loach, e sfodera la carta d'identità dei registi in concorso sotto la Mole: 30 anni, come il festival.
Quartet è stata l'apertura ideale: risate e commozione, con la soprano Dame Gwyneth Jones che sul palco sfoggia un inglese fluviale e un buon italiano. Con lei nel film quattro istrioni da applausi: Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly e Pauline Collins. Scrive Ronald Harwood, e in quella casa di riposo per musicisti e cantanti lirici amicizie, amori e rivalità si fondono alla grande: “Dopo aver fatto tanti film fantastici - dice la Jones - Dustin ha sentito la necessità, l'urgenza di forgiare nuovi attori, e ci ha dato tanto, tantissimo, con una grande gioia che si respirava sul set da mattino a sera”. Chapeau, e se Torino avesse avuto un po' più di soldi (budget di circa 2 milioni di euro) avremmo ritrovato sotto la Mole pure il neoregista. Pazienza. Continuano a parlare i film.
Dall'ultima Croisette è già arrivato l'unico film del Concorso di Cannes 2012 ad avere uno stile sorprendente e una poetica devastante: Holy Motors di Leos Carax, tra Franju e Lanthimos, una limousine alimentata a visionaria follia, altro - ricordate? - che Cosmopolis. Altro che ius primae noctis e anteprime mondiali, i festival servono (anche) a questo: recuperare il meglio e offrirlo a nuovi spettatori.
E' il caso pure di Ruby Sparks, il ritorno di Jonathan Dayton e Valerie Faris dopo Little Miss Sunshine: già a Locarno, è arte-vita all'ennesima potenza, con uno scrittore senza ispirazione né amore (Paul Dano) che si inventa la donna dei suoi sogni (Zoe Kazan, splendida). Letteralmente, carta canta: se vi è piaciuto (500) giorni insieme non perdetelo.
Viceversa, stecca in Concorso Shell di Scott Graham, passo a due nelle sperdute Highlands scozzesi tra un padre epilettico e la figlia 17enne, che fanno triangolo con una pompa di benzina. Tra pulsioni incestuose e “oscuri” presagi - “Mi sembra di mangiare la tua carne”, dice la figlia lasciando il cervo nel piatto - la copia-carbone di n film che abbiamo già visto: ok il paesaggio, ma è una Scozia molto telefonata. Ancor più grave, è una chiamata internazionale… Tiepido anche il giudizio su Imogene della coppia di American Splendor Robert Pulcini e Shari Springer: wannabe neworkese, Kristen Wiig torna nell'avita provincia di Ocean City, con famiglia disfunzionale, amori e altri disastri. Sì, avete capito: già visto.