Uno, nessuno e centomila Carlo Verdone: le maschere dell'attore e regista romano cadono tra le mura domestiche e vengono messe a nudo nel documentario del critico Fabio Ferzetti e del regista Gianfranco Giagni. Carlo!, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma (9-17 novembre) nella sezione Prospettive Italia, è un viaggio professionale, ma soprattutto umano attraverso le voci di chi lo conosce di più, i figli, il fratello, il vicino di casa e persino un abitante del suo quartiere. Del papà Giulia non può dimenticare quando da piccola le imponeva di recitare ogni sera una preghiera anche per Jimi Hendrix.
Gli aneddoti privati, poi, si mescolano al ritratto lavorativo, compreso quello del suo assistente Ernesto, inseparabile passeggero sullo scooter di Verdone, e di molti altri come Margherita Buy, Toni Servillo, Claudia Gerini e Micaela Ramazzotti. Marco Giallini confessa: “Rimarrò sempre un fan”, mentre Laura Morante ricorda di aver ricevuto vari sconti dagli esercenti solo perché aveva lavorato con lui (“Con Bertolucci mai successo!”).
Verdone ritorna nella casa d'infanzia, ammira il lungomare di Ostia, passeggia a Ponte Sisto mentre ripensa alla telefonata di Sergio Leone che gli ha cambiato la vita o a quando inconsapevolmente ha fatto gli autografi a tutti i membri della banda della Magliana. Suona la chitarra, la batteria, legge, pensa ma soprattutto osserva la gente: “Imito solo le persone a cui voglio bene - ammette nel documentario - che mi fanno tenerezza e mi fanno ridere”. La missione del comico, però, racchiude forti contrasti: “Fuori emana luci e dona sorrisi, mentre a casa ci sono più ombre”.
Da dove sono nati i personaggi più riusciti della sua carriera? “Senza il viaggio in Polonia - confessa in conferenza stampa - il mitomane di Un sacco bello con le calze di seta non sarebbe mai nato. La mia vita è stata anche dettata da colpi di fortuna. Il più grande è stato avere una famiglia come la mia”. L'evento che ha segnato una svolta, quando ancora era laureando, risale al 1976: “Steve, un mio amico inglese che non parlava una parola d'italiano, arrivò a Roma all'improvviso, così l'ho portato a vedere il mimo Daniele Formica al Teatro Alberico, nel dopo spettacolo a cena mi hanno proposto uno spazio per dieci giorni. Mia madre disse: “Io ce proverei, Carlè” e così diedi l'anticipo di 150 mila lire”.
Dagli esordi di Verdone al futuro con una precisa svolta all'orizzonte: “Negli anni dei miei bulli, mitomani e imbranati i personaggi avevano una caratteristica particolare, mentre oggi la società è omologata e sono tutti uguali, con lo stesso taglio di capelli o il tatuaggio: se non ce l'hai non sei un guerriero. Ed è deprimente l'incursione della politica nella commedia all'italiana. Non si sa cosa parlare perché ogni girono esce un nuovo scandalo, allora non racconto più un tipo, ma un tema”. Il documentario, secondo Marco Belardi di Lotus Production, dovrebbe uscire fra un mese in edizione home video per Warner. Bros. o Medusa e arriverà presto sui canali Rai. Per il momento “è un grande prestigio essere presente ad un Festival - continua Verdone - dove le commedie non vanno mai. Ha fermato un momento della mia vita che mi ha molto commosso, all'inizio l'idea mi ha intimidito”. Lo ha realizzato solo ad una condizione, che non fosse “celebrativo: doveva essere un ritratto autentico di una persona che ama la gente e ha più di un'anima, incluse malinconia e ironia feroce”.