Furio Scarpelli, Peppino Rotunno, Giuliano Montaldo, Ettore Scola, Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Gianni Amelio, Vincenzo Cerami Nanni Moretti, Paolo Virzì, Sabrina Ferilli, Carlo Verdone, Ferzan Ozpetek, Marco Bellocchio, Gigi Proietti e Armando Trovajoli: che cosa hanno in comune, ovvio, a parte il cinema? Roma, la Città resa ancora più Eterna dal cinema, che ha fatto dei suoi indimenticabili luoghi ancor più indimenticabili location: già, Roma è qui, anzi, Voi siete qui.
E' questo il titolo - preso in prestito da mappe e itinerari turistici - del documentario di Francesco Matera, odierno evento veneziano in sinergia tra Giornate degli Autori e Settimana della Critica. Sopralluogo dopo sopralluogo, il critico Alberto Crespi e la fotografa Angelina Chavez ci portano in giro per l'Urbe, delegando al montaggio la congiunzione magica tra i topoi su celluloide e su terreno: un attimo vedi Anna Magnani sotto il fuoco nazista di Roma città aperta, un attimo dopo la stessa via Montecuccoli all'odierno Prenestino. Davvero, un montaggio delle attrazioni, consegnato alle didascalie degli stessi artefici: il compianto Scarpelli che ricorda l'innamoramento dei non romani Risi, Fellini e De Sica per Roma, la Bellissima Magnani che sottoscrive uscendo da Cinecittà, mentre il Portonaccio è ancora quello di Totò e dei Soliti ignoti, il Pigneto quello di Pasolini e la Febbre da cavallo non è stata ancora smaltita da Gigi Proietti.
Ma non è solo memorabilia, nostalgia toponomastica, topografica e cinetica, bensì, confessione privata che passa attraverso i luoghi, trovando nitore e sostegno: la valigia è sempre quella dei sogni, con gli ideatori Crespi e Alessandro Boschi che mettono nero su bianco pellicola e terra, celluloide e marmo, passato che non passa e presente non immemore. Basti sentir parlare Bellocchio in cima all'odiato Vittoriano o Verdone che ricorda la madre e le cattoliche francesi, la mano sul cavallo e una Roma che non è più ma forse è ancora. E poi il Virgilio più celebrato, più consapevole e insieme errabondo dell'Urbe, il Moretti su Vespa di Caro Diario, che trovò nelle peripezie gommate fino a Spinaceto, fino all'anonimo pratone di Tor di Quinto il rimedio al tumore avuto due anni prima. Potenza dei luoghi “rubati” dalla settima arte, perché siano custoditi ancor più gelosamente, ancor più caramente: "caro diario", con le pagine scritte da Roma.