In un momento in cui anche il cinema americano si è reso conto che c'è la recessione, alcuni dei film e delle star più attese ci saranno. A incominciare da Angelina Jolie e Dustin Hoffman (voci del divertente Kung Fu Panda) a Harrison Ford e Spielberg per Indiana Jones, il regno del teschio di cristallo, ancora la Jolie (Changeling di Clint Eastwood), Philip Seymour Hoffman (Synecdoche, New York esordio alla regia di Charlie Kaufman), e Julianne Moore, Mark Ruffalo, Scarlett Johansson... Insomma parterre di lusso ma, dietro i lustrini, lo spettro del malessere che attraversa l'Occidente è sempre più reale. Si parte con l'atteso Blindness del brasiliano Fernando Meirelles, trasposizione di "Cecità" di Saramago, con Julianne Moore unica sopravvissuta a un misterioso morbo che colpisce la popolazione, mentre governo e istituzioni cospirano per tenere tutto sotto silenzio. Dopo il bel campo e controcampo sulla conquista dell'isola Iwo Jima, Easwtood racconta un fatto di cronaca degli anni '20: una madre (la Jolie) smuove mari e monti perché il figlio rapito venga trovato, ma quando la preghiera viene esaudita scopre che il bambino non è il suo. Il Sistema, inteso come impero della criminalità organizzata, è il protagonista di Gomorra, rielaborato con maestria da Matteo Garrone (sarà finalmente Palma d'Oro?) e Sorrentino racconta con Il Divo gli anni '90 e il settimo governo di Giulio Andreotti (ma c'è anche Castellitto in giuria, Munzi alla Quinzaine e Giordana fuori concorso). Altrettanto agghiacciante è il ritorno dei pluripremiati fratelli Dardenne, specialisti di miserie umane, con Il silenzio di Lorna. Una donna albanese (Arta Dobroshi, originaria del Kosovo, che ha fulminato i due registi belga) arriva a Liège e accetta un patto col diavolo per conquistare il suo posto al sole. E se Steven Soderbergh ripercorre le orme del Che (Benicio Del Toro, somigliantissimo) con un doppio biopic, Pablo Trapero porta Leonera, il dramma di una studentessa universitaria, che finisce in prigione (in Argentina) incinta. Infine Sean Penn presidente di giuria: scelta, comme d'habitude, coraggiosa e in linea con la tradizione del festival.