“Una lettera d’amore per gli Stooges. Perché gli Stooges? Per me sono la più grande rock band di sempre”. Parola di Jim Jarmusch, che dopo Paterson bissa sulla Croisette – stavolta fuori concorso – con Gimme Danger, documentario che prende il titolo da un celebre pezzo della band capitanata da Iggy Pop.

Jarmusch e Iggy, al secolo James Osterberg, fanno il dito medio all’indirizzo dei fotografi e si divertono in conferenza stampa: “Dì ai giornalisti di gridare – chiede Iggy al moderatore – perché sono mezzo sordo”.

Una serie di interviste a Iggy e ai sopravvissuti membri del gruppo sono mischiate a materiale d’archivio, esecuzioni sul palco, animazioni, scene da vecchi film che accompagnano il film, “ordinato” dalle memorie del frontman: dalle prove alla batteria nel tinello dei genitori alle sperimentazioni musicali, dalla formazione del gruppo alla fine degli anni ’60 a Detroit fino allo scioglimento nel ’74 (reunion nel 2003), dall’aiuto di David Bowie all’eredità pre-punk lasciata a gruppi quali Ramones e Sex Pistols.

Un filo conduttore è la droga: “In tante clip del film che mi ritraggono da giovane ero sotto acido: passavo dall’aggressività alla risata in un lampo”, confessa Iggy. Ma oggi le cose sono cambiate: “Non mi drogo più. Per me, ora la cosa migliore è un ottimo vino, ma anche la marijuana va bene persone”.

Jarmusch, dal canto suo, dice di "aver voluto fare qualcosa di simile allo stile musicale degli Stooges, che non è facile per un film” e parla di “un collage” dedicato a “una delle band più grandi e importanti che mi hanno aperto la mente”.