L'Armata Rossa. Capitanata da Slava Fetisov, uno dei più grandi giocatori di hockey mai esistiti, l'atleta più decorato nella storia dell'Unione Sovietica. Che si racconta, e racconta l'incredibile gloriosa parabola di quella squadra nel documentario di Gabe Polsky, presentato in proiezione speciale a Cannes 67. Prodotto anche da Werner Herzog, Red Army riesce in soli 85' a concentrarsi sul ruolo cruciale dello sport, il modo in cui rispecchiava il contesto sociale e culturale di un periodo storico dominato dalla Guerra Fredda. Ma non solo: nato negli Stati Uniti da immigrati sovietici, Gabe Polski è cresciuto ascoltando i racconti su quella squadra straordinaria, e a 13 anni giocava ad Hockey in una squadra di Chicago allenata da un sovietico. Che cambiò in maniera definitiva il suo modo di rapportarsi allo sport: la forza del collettivo, i movimenti armonici dell'intera squadra all'interno dell'anello di ghiaccio. Le stesse, incredibili caratteristiche, che fecero passare alla storia la Red Army.
Il film non si sofferma però solamente sull'aspetto sportivo, ma cerca di capire come sia stato possibile che Fetisov si trasformò da eroe nazionale a "nemico politico". Avvenne a fine anni '80, quando in seguito alla rottura con il tecnico Viktor Tikhonov, Fetisov decise di raggiungere altri compagni già emigrati tra i professionisti della NHL: l'ambientamento non fu facilissimo, ma in poco tempo il campione riuscì ad affermarsi anche in Occidente. Vincendo nel '97, con la maglia dei Detroit Red Wings, l'ultimo trofeo che mancava alla sua stracolma bachecha: la Stanley Cup. Trionfo, neanche a dirlo, ottenuto insieme ai 4 compagni che con lui formava i cosiddetti "Russian Five": Vladimir Konstaninov al suo fianco in difesa, con Slava Kozlov, Sergei Fedorov e il suo amico di sempre Igor Larionov in attacco. Lo stesso Larionov con cui, all'inizio degli anni '80, condivideva gioie e trionfi indossando la maglia CCCP (insieme a Vladimir Krutov, Sergei Makarov e Alexei Kasatonov).
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